I due amori di Nora. L’esordio formidabile che viene dall’Oriente è al cinema

In sala (per Lucky Red) “Past Lives” esordio formidabile di Celine Song passato in concorso alla Berlinale 2023. La storia di un triangolo amoroso a metà tra Corea del Sud e Stati Uniti, narrata con uno stile a metà tra cinema asiatico e classica commedia romantica. Un mix perfetto per diventare un cult intramontabile…

Raccontava Ingrid Bergman che durante la lavorazione di Casablanca anche lei, che lo viveva da dentro, si era chiesta fino all’ultimo chi avrebbe scelto Ilsa, il suo personaggio, tra i suoi due amanti. 

Forse anche Greta Lee, la brava protagonista di Past Lives, esordio formidabile di Celine Song in concorso alla Berlinale, si è fatta la stessa domanda.

Perché insomma la dinamica, vale a dire il triangolo amoroso, è sempre quella. Con Casablanca però il film di Song condivide alcuni altri aspetti: i due uomini come simboli di due vite diverse, anche di due mascolinità differenti. E l’uso della geografia come metafora. 

Hollywood ha sempre bisogno di verbalizzare (sia mai che il signore semi addormentato in ultima fila non capisca, c’è il rischio che poi non consigli il film agli amici). Così, l’immortale Bogart doveva dire, sotto cappello e impermeabile, che avrebbero sempre avuto Parigi. Dal cinema asiatico alla Wong Kar-Wai, Song impara il valore del silenzio. Il suo Hae Sung sa che avranno sempre Seul, se vogliamo dirla così, ma preferisce il silenzio. 

Nello stile della regista sorprende particolarmente la capacità di far coesistere alla perfezione gli stilemi di un certo cinema asiatico e quelli della commedia romantica statunitense. È questo che rende il film un mix letale, capace di piacere a molti. Se si pensa che siamo davanti a un esordio, l’impresa appare ancora più esorbitante. 

Lo stile si fonde col contenuto, quindi con la trama. Le due culture cinematografiche che Song mescola sono le due anime della sua protagonista, interpretata da Greta Lee, che da bambina in Corea si chiamava Young Na e una volta cresciuta ed emigrata, prima in Canada e poi a New York, ha scelto di farsi chiamare Nora. 

Il personaggio è, ovviamente, bilingue. La bipartizione si traduce nei suoi due amori. Da una parte Hae Sung, con cui parla coreano, compagno di classe da bambina ritrovato online da giovane adulta, senza che la distanza potesse concedergli di far davvero sbocciare la loro relazione. Dall’altra Arthur, ebreo newyorchese, con cui parla ovviamente in inglese, l’uomo che condivide la sua vita artistica e che sposandola le ha permesso di restare negli Stati Uniti. 

A New York, con l’inaspettato arrivo di Hae Sung, lei piomba in un triangolo in cui non aveva capito di essere già. Tutti e tre sono come rassegnati, perché i sentimenti di ciascuno sono evidenti e nulla si può fare, se non accettarli. In questa vita, è andata così.

Il concetto cardine del film, a cui si rifà anche il titolo, è infatti quello di In-Yun, che descrive in coreano una connessione profonda tra due persone. Affonda le radici nell’idea della reincarnazione buddista, spiega lei, perché quel legame è lì per via di 8000 strati di vite passate che l’hanno costruito. Distante dall’americano soul mate, anima gemella, che prevede un solo piano di vita e, al più, un dio che ha partorito due anime in una sola volta. 

Past Lives ha il marchio della casa di distribuzione indipendente più in voga degli ultimi anni, A24, perlomeno in quella fetta di cinefilia che ha bisogno di sentirsi lontana dalle majors. E in quella porzione di pubblico, innamorato di atmosfere all’ombra del mainstream (ma decisamente non fuori), Song troverà certamente un grande successo. 

La candidatura maggiore che il film può vantare è quella a cult intramontabile. Perché le romcom sono perenni per il pubblico e l’amore nascosto di ogni critico. Perché in fondo a chiunque farà piacere pensare di avere affianco una persona per 8000 precise ragioni sparse nei secoli addietro. Perché, più semplicemente, è davvero un ottimo film.