La bambina sull’oceano, nata da un best seller

In sala dall’8 marzo (per Eagle Pictures) “La luce sugli oceani”, adattamento dell’omonimo romanzo dell’australiana M.L.Stedman, melodramma ben confezionato dallo specialista del genere, Derek Cianfrance. Una bambina ritrovata nell’oceano che porterà alla luce il dramma privato di quattro persone. Con Michael Fassbender e Alicia Vikander, grandi interpreti…

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Il bel cinema, quello delle emozioni che toccano le corde giuste torna in questo adattamento dell’omonimo romanzo di M.L.  Stedman, La luce sugli oceani, ben confezionato dallo specialista del genere Derek Cianfrance.

I coniugi Sherbourne, interpretati da Michael Fassbender e Alicia Vikander, desiderano ardentemente avere un figlio, ma ogni speranza e tentativo risultano vani. Un giorno fanno l’incontro che cambierà per sempre le loro esistenze: in una barca alla deriva trovano una neonata.

Ogni momento che trascorrono insieme rende il legame più forte tanto da considerarla come loro figlia, finché non scopriranno che la vera madre della piccola – una ritrovata Rachel Weisz – sono anni che la cerca senza riuscire a darsi pace. Tormentati dal dilemma se svelare il segreto perdendo così la figlia, la coppia progressivamente si disgregherà.

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Dopo il passaggio allo scorso Festival di Venezia, arriva in sala l’8 marzo distribuito da Eagle Pictures, La luce sugli oceani, scritto e diretto da Derek Cianfrance  – Blue Valentine, Come un tuono -, adattamento riuscito del romanzo d’esordio della popolare scrittrice australiana, divenuto in breve un best seller.

Ben dosato nei sentimenti, il film si tiene lontano dal facile e ruffiano sentimentalismo per scavare con un lucidità minimale nel dramma privato di quattro persone. Un crescendo di risentimenti finché, il padre naturale della piccola, defunto nel naufragio, “indicherà” la strada alla moglie per superare l’odio che nutre verso la coppia che prima salva e poi trattiene a sé la bambina.

Un sentimento alimentato tanto dal sospetto che la coppia abbia ucciso il coniuge per sottrargli la bambina, quanto dai comportamenti della piccola che ricongiunta alla mamma  si dispera per la perdita di colei che ritiene essere il suo vero genitore.

Il dramma della figlia trova efficace rappresentazione nel suo ribadire di non chiamarsi Grace ma Lucy. Un’opposizione pacata ma risoluta che avrà soluzione solo grazie al buon senso del nonno materno che ha la faccia dura come il cuoio, ma ammorbidito dagli anni, dell’australiano Bryan Brown, vecchia gloria di cinema e tv anni Ottanta, che è un piacere ritrovare in una grande produzione.

Le scelte registiche, improntate su pochi movimenti di macchina e su una voluta staticità degli attori conferisce al film una apprezzabile vocazione all’introspezione, tanto che calarsi nei personaggi è cosa immediata così come nell’atmosfera rarefatta  dell’isola su cui risiedono.

Il terzetto da Oscar funziona a meraviglia nel dar vita a un dramma che cattura dall’inizio alla fine,  anche per merito di tre interpretazioni calibrate con equilibrio, quasi un processo interpretativo per sottrazione quello che li coinvolge e che li rende credibili.

Non sorprende più la disinvoltura con cui Michael Fassbender riesce a calarsi in opere più complesse, tanto quanto nel costume di Magneto, il suo personaggio più mainstream. Risultando invariabilmente, sempre funzionale al taglio del film, che dovrebbe far riflettere certe stelle di casa nostra. Quanto alle due attrici, Alicia Vikander e Rachel Weisz sono semplicemente impeccabili. Ed è gratificante assistere alla performance della Weisz riconciliata col cinema dopo la scarsamente significativa prova offerta in Youth di Paolo Sorrentino.


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