“La donna dello scrittore”, nell’Europa di oggi i fantasmi di ieri

In sala dal 25 ottobre (per Academy Two), “La donna dello scrittore” del tedesco Christian Petzold che adatta in modo spiazzante, “Transito”, secondo romanzo d’esilio di Anna Seghers. Un esule tedesco in fuga dalla Germania e poi dalla Francia occupata dai nazisti. Ma l’ambientazione è l’Europa di oggi. Dove è più che evidente che i fantasmi di allora ci parlano di quelli che ora ci circondano. Il clima è orribile. Di delazioni e persecuzioni. E il frastuono è quello di un continuo ossessivo scorrere di camionette della Polizia. Che tuttavia non sono degli anni Quaranta, ma quelle attuali, di Macron …

Spiazzante operazione quella che il regista e sceneggiatore tedesco Christian Petzold ha fatto con Transito, secondo romanzo d’esilio di Anna Seghers scritto nei primi anni Quaranta.

Abitualmente il cinema che attinge alla letteratura con l’intento di raccontare il presente mantiene l’epoca in cui è ambientata la storia, anche se lontanissima. Perché è vero che a volte la distanza restituisce al pensiero uno sguardo più limpido.

Petzold ha fatto il contrario: per raccontare la vita sospesa di quel popolo di fantasmi senza più case dove tornare, che sopravvivono con la speranza di passare i confini, di sbarcare altrove, perseguitati dalla Polizia, dai collaborazionisti – dunque gli ebrei o i comunisti descritti nel romanzo che in quel momento di ascesa trionfante del fascismo erano in fuga da Parigi e vagavano a Marsiglia aggrappati alla speranza di prendere una nave che li portasse in America – ha scelto la nostra epoca.

Ha mantenuto i luoghi (Parigi e Marsiglia), i protagonisti, le dinamiche dei loro incontri, dei loro terrori, la perdita e nascita di rapporti affettivi, ma li ha traslocati, con un effetto e impatto mnemonico potente, nell’Europa di oggi. Dove è più che evidente che i fantasmi di allora ci parlano di quelli che ora ci circondano.

Passato in concorso al Festival di Berlino e ora in Italia distribuito da Academy Two, La donna dello scrittore, ha per protagonista Georg (Franz Rogowski) un tedesco in fuga dalla Germania e poi da Parigi che per un caso riesce ad impadronirsi dell’identità di uno scrittore che si è tolto la vita.

Si porta via il suo romanzo, i documenti e due lettere: una della moglie Marie (Paula Beer), di cui Georg, incontrandola poi, s’innamora, e una di un’ambasciata che gli avrebbe permesso la fuga da Marsiglia in Messico.

Il clima è orribile. Di delazioni e persecuzioni. E il frastuono è quello di un continuo ossessivo scorrere di camionette della Polizia. Che tuttavia non sono degli anni Quaranta, ma quelle attuali, di Macron.

Ma le dinamiche dei loro rapporti umani non in pochi momenti ti trasmettono una qualche affinità con Antonioni.
Il film è dichiaratamente influenzato dalla poetica, definita archeologia del presente, del regista Harun Farocki che di Petzold è stato maestro e amico. E stato lui, che una vita da “fantasma” l’ha provata, che gli ha fatto conoscere Transito.