La figlia di Dante, Boccaccio e il sommo poeta. Avati in libreria e presto al cinema


 

Dante Alighieri aveva una figlia. Finì i suoi giorni in convento. E soltanto a distanza di trent’anni dalla morte del sommo poeta, nonché suo padre, Boccaccio le recapitò dieci fiorini d’oro a mo’ di risarcimento per l’ingiusto esilio subito dal “ghibellin fuggiasco”.

Vero, falso, plausibile? Sono molti, ormai, gli storici che accreditano questa versione della storia. E certo è anche una storia decisamente suggestiva. Tanto che non se l’è lasciata scappare un attento osservatore dell’universo dantesco come Pupi Avati che ha da poco dato alle stampe (per Solferino), L’alta fantasia. 

Un libro che vede un Dante rivoluzionario, non proprio conforme alla versione paludata con cui si studia sui banchi di scuola, o alla vulgata dei filologi o degli studiosi classici. Un Dante moderno, insomma, dal profilo meno arcigno e bacchettone. Il tentativo di Avati è dare ai lettori la possibilità di rivalutare il poeta toscano e vederlo sotto una luce più umana e alla portata di tutti.

Un tesoro di poesia e bellezza da condividere e attraverso cui riscrivere Dante. Una doppia visione cine-letteraria a cui il regista ha prestato il suo occhio. Da questo libro, infatti, Pupi Avati traccia un sentiero anche filmico che affida il poeta alle parole e alla profonda amicizia che lo legava a Boccaccio (nel film interpretato da Sergio Castellitto). L’uscita del film è prevista nel 2022 dopo una lunghisimma e tribolata genesi.

Nel libro il racconto è a tre voci, così come nel film. Un’ indagine attraverso un medioevo vivido e accessibile, porta d’ingresso nella sfera intellettuale e identitaria di un essere umano, capace come mai nessuno al mondo, di accostarsi anche al divino.