La leonessa che ci insegnò la libertà… e l’ambientalismo

La storia della struggente amicizia tra la naturalista inglese Joy Adamson e la leonessa Elsa, che appassionò milioni di lettori e di spettatori degli anni ’60. A 50 anni dall’uscita (1966), torna il film Nata libera (tratto dall’omonimo romanzo, bestseller mondiale), riproposto in versione restaurata, e in 4k, in anteprima alla XIX edizione del Festival Cinemambiente di Torino (31 maggio – 5 giugno 2016)…

born free, elsa
Virginia McKenna e Bill Travers nel film

Nata libera, il romanzo autobiografico di Joy Adamson, uscì nel 1960, e fu subito successo. Contribuì a costituire, forse da inconsapevole apripista, quell’embrione di coscienza “animalista” e “ambientalista”, che non si supponeva nemmeno esistesse, in un’ Africa alle prese con l’affrancamento dai colonialismi, nel mondo dei blocchi contrapposti. Insomma, quando non era certo tempo di essere ecologisti.
elsa-1Nemmeno Joy Adamson e suo marito lo erano. Lo diventarono. E gran parte di questa “conversione” consapevole, l’acquisirono proprio grazie alla leonessa Elsa, vissuta con loro da quando aveva poche settimane fino all’età di tre anni ed infine restituita alla vita selvaggia. Ossia, grazie ad uno studio “sul campo”, del comportamento animale e della relazione tra essere umano ed animale, al di là di ogni cristallizzato antropomorfismo, ostacolo più che sufficiente per non comprendere la realtà “selvaggia”.
Tutto si svolge nel Kenya ancora coloniale, parte settentrionale, dove il marito di Joy, George Adamson è l’ “inglese” capo-guardacaccia del Dipartimento di Caccia dell’Africa orientale, che per il suo lavoro è costretto ad uccidere una coppia di leoni, accorgendosi solo in seguito delle loro tre cucciole, restate orfane. Con cospicui sensi di colpa, George decide allora di portarle con se e le affida a sua moglie Joy che adora gli animali. Joy ne è felice: le riempiono immediatamente la vita (anche troppo!). Le tre piccole leonesse infatti, combinano da subito una gran quantità di disastri, in casa, in giardino, nelle zone circostanti: ma crescono bene e in fretta, con la strana compagnia di Pati, un irace delle rocce.

Elsa è la più gracile, ma la più coraggiosa delle tre. Ed è quella con la quale Joy stabilisce un rapporto più profondo.
Disastro dopo disastro, col passare dei mesi e l’aumentare di taglia delle ormai ex cucciole, la vita degli Adamson nel loro piccolo contesto sociale comincia a diventare ingombrante e poco accetta. Non possono reintrodurre le leonesse in natura, come vorrebbero fare, perché ormai sono troppo addomesticate ed indifese. Ma non possono nemmeno tenerle più con loro. Joy e George decidono così a malincuore di affidarle allo zoo di Rotterdam. Ma non Elsa, la piccola. Elsa resterà con loro.

762373

Il film (che ricalca il libro del 1960) è la storia della strana vita in comune tra Joy, George ed Elsa. Mille piccole e grandi scoperte, ed altrettanto piccoli grandi problemi, segnano questi tre anni di vita in comune, con Elsa che si sente letteralmente parte della famiglia Adamson: esplora con loro foreste, partecipa ai safari, dorme con loro, passeggia con loro. Ma ben presto, anche Elsa, come era già successo alle sorelle, non può sfuggire al richiamo del selvaggio; una certa apatia che la prende, una insofferenza, stabiliscono come Elsa senta proprio bisogno del ritorno ad un clan originario. E gli Adamson allora la lasciano andare, pur con tutte le apprensioni sul suo adattamento, temendo che il vivere con loro l’abbia resa troppo vulnerabile rispetto ai suoi simili. Prima di lasciarla andare le devono addirittura fare una sorta di corso per abituarla al rapporto coi luoghi, iniziarla alla caccia e addestrarla a cavarsela con diverse altre prove.

Nonostante il distacco, il legame con Elsa non si interromperà; nemmeno quando la leonessa troverà un compagno ed avrà prole. Quel filo che la unisce a Joy, e a George, sembra resistere ad ogni prova: non si spezzerà. I due coniugi torneranno infatti più o più volte nel “territorio” di Elsa, la quale li accoglierà sempre con grande affetto ed amicizia.
Amare e saper lasciare andare: ecco una piccola clausola, desueta, dell’amare: il rispetto per la libertà. Fu proprio questo in fondo che fece breccia di una storia d’accudimento che altrimenti sarebbe stata uguale a tante altre, simili o solo tentate. Ed infine la inedita, chiara rivincita delle ragioni della giungla, dell’habitat, del selvaggio, contro quelle dell’addomesticamento e dello dello zoo.

Il film, diretto da James Hill, con Virginia McKenna (che ebbe parte attiva, in seguito, nella incredibile storia del leone Christian, celebrata in un video da primato su youtube) nel ruolo di Joy, vinse 2 Oscar, per la miglior canzone e per la miglior colonna sonora, entrambi per merito del compositore John Barry che iniziò così la sua collezione di Academy Awards. Al film seguì una serie televisiva, anch’essa di grande successo.

Nel 1961 George andò in pensione dal suo ruolo di guardiacaccia per potersi così dedicare ai suoi studi con i leoni, assieme a Joy. Rimase nel Parco Nazionale di Meru, alla frontiera nord del Kenya, vicino al luogo ove poi morì Elsa. Tutt’e due, un inglese ed austriaca, finirono i loro giorni in Africa, entrambi per mano, in due episodi distinti, della più feroce delle belve. Manco a dirlo, l’uomo.
“Abbiamo raggiunto il nostro scopo, a costo di un’amara violenza su noi stessi. Elsa è libera: da più di un anno vive la vita naturale e indipendente di una leonessa selvaggia, e tuttavia mantiene il suo affetto per noi che l’abbiamo assistita per tanto tempo… Qualunque possa essere il suo destino definitivo, le saremo sempre grati d’averci dato un’esperienza un’unica e l’immutabile ricordo d’un affettuosissimo carattere”. Con queste parole il libro si avvia alla conclusione, ma in realtà apre piuttosto una pagina inconsueta e tutta da scrivere sul rapporto tra le persone e gli animali.

Joy e George Adamson insieme a Elsa.
Joy e George Adamson insieme ad Elsa.