Se la libertà è una torta di cioccolata. Omaggi a Rodari col film di Del Fra: da Alice a Cinecittà

Per i cent’anni dalla nascita di Gianni Rodari (23 ottobre 1920, Omegna), “Alice nella città” sezione autonoma della Festa di Roma e Cinecittà si Mostra (domenica 25 novembre) propongono la versione restaurata (dal Laboratorio del Luce) de “La torta in cielo”, straordinario film di Lino Del Fra (1973) dall’omonimo racconto del grande educatore, scrittore e sovversivo. Di seguito uno scritto di Igor Pulcini, amico sovversivo a sua volta che ci ha lasciati proprio un anno fa. E che ci piace ricordare così …

 

“Un sasso gettato in uno stagno suscita onde concentriche che si allargano sulla sua superficie…non diversamente una parola gettata nella mente a caso, produce onde di superficie e di profondità, provoca una serie infinita di onde a catena, coinvolgendo nella sua caduta suoni e immagini, analogie e ricordi, significati e sogni, in un movimento che interessa l’esperienza e la memoria, la fantasia e l’inconscio e che è complicato dal fatto che la stessa mente non assiste passiva alla rappresentazione, ma vi interviene continuamente, per accettare e respingere, collegare e censurare, costruire e distruggere.”

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Così Rodari iniziava nel 1973 la sua Grammatica della fantasia, lo stesso anno in cui Lino Del Fra gira La torta in cielo dall’omonimo racconto del grande narratore del mondo bambino. Il ’68 era lì vicino: solo un lustro di distanza, e come una favola aveva già rovesciato il mondo, o per meglio dire, la percezione del mondo e della Storia raccontata dal potere.

Le favole sono il mondo alla rovescia, il sasso della fantasia sprofonda nello stagno o nella tana del coniglio, nel castello dell’orco o del cattivo di turno, per ribaltarne la visione, per creare un mondo nuovo simmetrico e paradossale, che si sovrappone alla realtà definendola in un luogo e in un tempo imprecisato e distante. Ma la visione cinematografica de La torta in cielo elimina qualsiasi incipit apotropaico: quel “c’era una volta in un regno lontano lontano” scompare, perché tutto ciò che accade, accade qui ed ora in un susseguirsi di eventi che disegnano il manifesto utopistico, il graffito narrativo che descrive ed amplifica le urgenze esistenziali di una generazione in rivolta.

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Roma è pigramente avvolta nel solito torpore, coi suoi marmi calcinati dal sole estivo, ignara e indifferente all’apparizione della gigantesca torta che, dopo un joli tour sulla città, atterra sopra una collinetta della borgata del Trullo.

Adulti terrorizzati e bambini frenetici, quasi isterici nella pulsione ancestrale della curiosità. Cade un pezzo di torta nel pratone affollato dai cascami metropolitani della nuova periferia già antica, timorosi s’avviano due bambini. È un caso che sia una bambina a capire? A scoprire la prima parola della storia? A urlare la verità? Cioccolata! È un gran pezzo di cioccolata.

Affannati gli altri inseguono le onde dello stagno che tutto travolgono. Le certezze dei grandi: “Sono i marziani! Pericolo, siamo in pericolo”. I soldatini impavesati di bandiere ascoltano i discorsi tonanti di un generale (Paolo Villaggio) che assomiglia alla caricatura di se stesso, ridicolo e grottesco come i generali di Baj o di Grosz. Sono talmente affezionati alle loro menzogne da crederci per davvero. Allertano tutti, il potere ha potere, dunque à la guerre comme à la guerre.

La scienza, dopo un timido tentativo raziocinante, si piega alla relatività del potere. I giornali, la televisione, gli intellettuali, fanno altrettanto. Gli incoscienti, gli angeli matti: i bambini, sono gli unici portatori della verità. Urlano che quella è solo cioccolata, nient’altro che cioccolata. Massacrano con la potenza della sincerità la captatio benevolentiae dell’industria capitalista che cerca di catturare la loro innocenza: “Fa schifo la vostra cioccolata!”.

Il gruppo si fa forza, libera i compagni dalla morsa della prigione e si rifugia nella torta dove finalmente conosce il pilota: un giovane fricchettone flautista adagiato su divani di crema e marzapane, figlio di un potente fabbricante d’armi. La verità è urlata, non è opinabile. La verità ridicolizza il potere in ogni sua declinazione. Le favole sono il mondo alla rovescia: ciò che è vero è falso e ciò che è falso è vero; l’alto, il basso, la luce, il buio, tutto è travolto, tutto è guastato dal nuovo ordine delle cose.

Il sasso nello stagno genera onde, le parole tornano ad essere se stesse generando un orizzonte frastagliato di ulteriori molteplici parole. La bellezza è nelle cose, nella loro semplice nudità, pura e rivoluzionaria.

Le favole sono il mondo alla rovescia, un luogo in cui le bombe, la bomba atomica del finale, si trasforma nel suo opposto grazie ad un gesto creativo, un salto di immaginazione che rovescia la realtà ordinaria nel luogo straordinario dell’immaginazione.

La Torta in cielo di Lino Del Fra è in sovrappiù una favola alla rovescia: con un un doppio salto mortale racconta una contro storia, come quella della volpe che avendo a portata di mano un grappolo d’uva perfettamente maturo, decise di non coglierlo perché non ne aveva voglia, affermando così la propria libertà di sottrarsi ad una scelta predeterminata. Nulla è scritto, la storia si compie giorno per giorno nell’agire dei suoi protagonisti.

I bambini respingono i militari a torte in faccia e invitano tutti a partecipare al banchetto, a immergersi collettivamente nel flusso della vita liberamente inventando la storia stessa, perché la verità non è in un sogno solo, la verità è in molti sogni, e i sogni, si sa, sono fatti di cioccolata.