La mano di mio padre. Nella notte di Neil Armstrong che emoziona Venezia

C’è una stretta di mano padre-figlio in “First Man” apertura del concorso veneziano, firmata da Damien Chazelle, dalla biografia di Neil Armstrong scritta da James R. Hansen. E c’è una mano di bambino tenuta dal padre anche in questo ricordo di Gianluca Arcopinto, che dice l’emozione di quella notte in cui “per la prima volta nella storia un uomo avrebbe messo piede sulla luna”. Nel mezzo c’è un bel film, che emoziona e inchioda i cuori …

Quella notte di luglio io avevo poco meno di dieci anni, portavo ancora i pantaloni corti, sempre, anche d’inverno, e parlavo ancora meno di adesso.

Avevo bisogno ogni tanto di stare da solo, in silenzio, anche se le ferite della vita ancora non le conoscevo; ancora non avevo conosciuto, se non di striscio e da lontano, il dolore della morte, degli abbandoni, delle sconfitte.

Quella notte ero in vacanza a Scauri con i miei genitori, mia sorella e i miei cugini. Nella casa che avevamo preso in affitto quell’anno non c’era la televisione. D’altra parte ce n’erano poche di televisioni in giro, ovunque. Ma quella notte era una notte speciale perché era quasi certo che per la prima volta nella storia un uomo avrebbe messo piede sulla luna e la Televisione, quella di tutto il mondo, avrebbe trasmesso in diretta la cosa.

E allora io e i miei cugini eravamo andati nel cortile di una casa accanto alla nostra, dove un signore aveva allestito una postazione con la televisione appoggiata su un armadio, invitando chiunque volesse ad essere lì. Una specie di festa, aperta a tutti. Fu lì che io vidi Neil Armstrong passeggiare sulla luna.

Avvinghiato dall’emozione a mio cugino di poco più grande di me, scambiando di nascosto un sorriso con una bambina dagli occhi scuri che mi piaceva tanto, stringendo con fierezza la mano di mio padre, che tante volte mi aveva raccontato come un sogno quello che stavamo vedendo.

First Man, il film di Damien Chazelle che apre Venezia 75, racconta gli otto anni precedenti quella notte. Basandosi sulla biografia di Neil Armstrong scritta da James R. Hansen, lo fa gettando un occhio ai fatti storici di ricerche scientifiche e tentativi e sconfitte e vittoria finale degli americani sui russi nell’inseguimento della luna e uno alla vita privata del Primo uomo, segnata per sempre dalla perdita devastante di una figlia molto piccola malata di tumore, che apre il film e con un po’ di retorica, che comunque ci sta, lo chiude con quel braccialetto con su scritto il nome di lei lasciato cadere da Armstrong dalla luna verso il buio infinito dell’universo.

Nel mezzo c’è un bel film, che emoziona e tiene col fiato sospeso nelle scene più spettacolari; che racconta di un uomo chiuso taciturno ostinato freddo quel tanto che serve a contrastare il dolore, gli abbandoni, la morte dei compagni; che con la giusta misura ritrae la donna che gli sta accanto e il loro amore lieve e granitico; che inchioda i cuori con quella stretta di mano, a differenza dell’abbraccio del fratello più piccolo, di un figlio non ancora adolescente a salutare il padre che parte per il viaggio che potrebbe non portarlo mai più a casa.

In quella stretta di mano c’è tutto il peso della responsabilità di un padre che vuole vivere sognare sfidare ricercare continuando ad essere quello che un padre dovrebbe essere, continuando a fare quello che un padre dovrebbe saper fare sempre: tenere la mano al proprio figlio, con lui guardare la luna e sognare di andarci a passeggiare insieme, un giorno.