Cercando la memoria di un padre siciliano di Hollywood

È “Magic Island “, documentario di Marco Amenta scritto con Roberto Scarpetti, dedicato a Vincent Andrew Schiavelli, celebre caratterista italo americano di Hollywood. Il viaggo del figlio musicista da Brooklyn a Polizzi Generosa dove molti anni prima si è spento suo padre. Un percorso di crescita raccontato con pudore e grande tenerezza…

MAGIC ISLAND 2

Adesso che in Italia si producono più documentari, dopo un po’ ti sembrano tutti uguali. Magic Island di Marco Amenta, scritto con Roberto Scarpetti, è meno uguale degli altri. O più uguale degli altri, se vogliamo parafrasare Orwell.

Racconta un pellegrinaggio della memoria. Più esattamente il percorso, lastricato di rimpianto, affetto, sensi di colpa, di un musicista trentenne, Andrea Schiavelli, che da Brooklyn ritrova la strada per Polizzi Generosa, borgo delle sicule Madonie dove molti anni prima si è spento suo padre. Ma a dargli l’ultimo addio Andrea non c’era.

Vincent Andrew Schiavelli, suo padre, non è esattamente uno qualsiasi. È stato un celeberrimo caratterista di Hollywood, altissimo, tratti scolpiti e inconfondibili che hanno lasciato un segno forte su film come Taking off (il suo esordio), Qualcuno volò sul nido del cuculo, Ghost, Batman- Il Ritorno, tra gli altri.

Nel 1995 aveva piantato l’America e le ultime serie tv per tornare nel paesino originario della sua famiglia (ma anche della famiglia Scorsese). Polizzi, appunto.

Lo zazzeruto Andrea non recita ma scrive musiche per i film, della Sicilia ha un ricordo lontano, con la memoria del padre un rapporto complesso e contraddittorio che sarebbe più facile rendere con la scrittura che con le immagini.

Non a caso Magic Island ti lascia il sapore di un racconto letto, più che visto, e questo è un merito, almeno secondo me. Perché si tratta di sovrapporre senza forzature la ricerca di un giovane “sradicato”(come si definisce), sospeso tra culture e continenti inconciliabili, alla ricerca di identità, di passato, di radici che ha ricondotto in Sicilia suo padre.

Il cibo è un tramite della riconciliazione, Vincent Schiavelli  era un appassionato di cucina, a lungo ne aveva scritto. La musica diventa un altro “medium”. Ma la cifra sommessa del racconto, la leggerezza, il pudore dei sentimenti, sono i suoi valori portanti.

Scrivere cinema è un mestiere a sé, spesso per dire di più devi lavorare per sottrazione. E in questo caso si tratta di rendere un  percorso di vita senza un vero inizio, senza una vera fine, sradicato e sospeso esattamente come chi lo compie. Un percorso che non necessariamente fa stare meglio, ma fa crescere. Se questo era l’obiettivo, Magic Island centra il bersaglio, con pudore, sì, ma anche con grande tenerezza.