La moglie geniale. Con Marie Curie la scienza della liberazione va al cinema

In sala dal 5 marzo (per Valmyn), “Marie Curie” della regista, sceneggiatrice e scrittrice franco-spagnola Marie Noëlle. Basato sugli stessi diari della scienziata, le sue lettere, i rapporti di laboratorio, i giornali d’epoca e lo stesso libro di Andrea Stall (che firma la sceneggiatura) il film racconta la vita e la durissima battaglia per la ricerca compiuta da questa creatura geniale (l’unica ad aver collezionato due Nobel) in un’epoca in cui alle donne era preclusa ogni strada. Nonostante il Nobel …

Quanto ci piace questo gioiello polacco emigrato a Parigi nel 1891 perché nella sua terra, allora Russa, alle donne non erano concessi studi superiori!
Che Maria Salomea Sklodowska, ultima di cinque figli, nata a Varsavia il 7 di novembre del 1867, fosse visibilmente già un genietto a quattro anni se ne accorsero subito in casa ma, per problemi economici, solo dopo aver lavorato come governante per sei anni, Mània (vezzeggiativo di Maria) potrà raggiungere in Francia la sorella Bronia, neo laureata in medicina, e diventare Marie.

Iscriversi dunque alla Sorbona a pochi giorni dai suoi 24 anni e, tre anni dopo, incontrare Pierre che nel ‘95 legherà per sempre a sé, col suo cognome, questa brillante creatura.
A Pierre e Marie Curie nel 1903 fu assegnato il Nobel per la fisica e per gli studi sulle sostanze radioattive e i loro effetti. Per la scoperta del polonio, chiamato come la terra d’origine della moglie, e poi del radio, che continua tuttora a salvare molte vite dal cancro.

Otto anni dopo, stavolta in Chimica, un altro Nobel toccherà solo a lei, Marie Curie, sopravvissuta al dolore di aver perso il suo amatissimo marito ucciso in strada, sotto una pioggia battente, da una carrozza a due cavalli.

Questi, più o meno, i dati noti ai più della biografia di questa importantissima scienziata che, oltre ai grandi dolori – la perdita a 7 anni della mamma e di una sorella; l’essere rimasta sola a 39 con due bambine da crescere e un importante lavoro da seguire – ha avuto anche due rare fortune nella vita: esser dotata di straordinaria intelligenza, intuizione, memoria e determinazione, e aver trovato e scelto un uomo con cui condividere la stessa potente passione per la ricerca.

Un marito complice che stimava moltissimo la sua intelligenza e soprattutto – questa sì pietra rara – era capace di conviverci senza che, neanche nell’inconscio, il brutto virus della competizione s’insinuasse e minasse il loro rapporto.

E, oltre a molte altre cose, questo aspetto della perfetta armonia del loro matrimonio, di quella casa bottega parigina dove, in una sorta di sgangherata veranda nel giardino, i due portavano avanti con entusiasmo e accanimento instancabile scoperte strabilianti è raccontato con grazia in Marie Curie dalla regista, sceneggiatrice e scrittrice franco-spagnola Marie Noëlle.

Un film prodotto come tutti i precedenti, anche non suoi, con D’Artisan Film Fondation creata nell’88 con il tedesco Peter Scher. Due laureati in matematica ancora uniti dalla passione per il cinema e il documentario. Come potava non piacere, a entrambi, un personaggio del genere? L’idea, covata per anni si è consolidata dopo l’incontro con un libro di Andrea Stall (che ha poi collaborato alla sceneggiatura) centrato sulle donne forti. Tra cui, appunto, Marie Curie.

E tale, tenera e forte, risulta Marie nell’interpretazione di Karolina Gruszka (di Varsavia anche lei), nel suo rapporto col Pierre (Charles Bering), con le sue bimbe, col suocero, con i colleghi, coi “baroni” della Sorbona di allora (per cui una donna docente in cattedra non era proprio ipotizzabile), con il fisico Paul Langevin, sposato con quattro figli a carico con cui vivrà una seconda storia d’amore.

Storia che, in pasto alla stampa, suscitò un grosso scandalo e una violenza tale, da chi si nutre di scandali, da convincere gli organizzatori del Nobel che non era opportuno che lei andasse a ritirare il premio nel 1911.

E lei, austera attenta e concentrata (nel film la rivedremo ridere solo nel breve incontro con Albert Einstein) con la sua nochalance, in anticipo di quasi un secolo, nei confronti di abiti, corsetto trucchi e acconciature di ogni tipo, con la ribelle chioma chiara e ricciolina, ovviamente c’è andata a ritirare il suo premio che l’ha resa tutt’ora l’unica donna con due Nobel in due scienze diverse.

Un personaggio formidabile (su cui è pronto anche un altro film Radioactive della regista iraniana di Persepolis Mrjanne Satrapi interpretato da Rosamunde Pike) che sarebbe opportuno far ripassare e conoscere soprattutto a due categorie: le adolescenti dotate in matematica che ancora sono titubanti nella scelta di indirizzi scientifici e quei politici dementi che ancora fingono di non capire quanto per il futuro dell’umanità sia fondamentale la Ricerca.