La peggio gioventù e i peggio genitori. L'”Educazione fisica” di Stefano Cipani arriva in sala

In sala dal 16 marzo (per 01) “Educazione fisica” di Stefano Cipani, dalla pièce di Giorgio Scianna “La palestra”, adattata per il cinema dai fratelli D’innocenzo. Quattro personaggi borghesi che danno il peggio di sè nel difendere ad oltranza i figli nonostante abbiano compiuto a scuola qualcosa di indifendibile. Un po’ come accadeva ne “I nostri ragazzi” di Ivano De Matteo dal bestseller dell’olandese Herman Koch. O anche ne “Le Iene” e “Carnage”, ma soprattutto il film rinvia a certi episodi di cronaca sinistramente attuali…

 

Tratto dalla pièce teatrale La palestra di Giorgio Scianna e sceneggiato per il grande schermo dai fratelli D’Innocenzo, il film Educazione fisica, opera seconda di Stefano Cipani dopo Mio fratello rincorre i dinosauri, esce nelle sale il 16 marzo distribuito da 01 Distribution.

Il film, girato negli studi di Cinecittà eccettuato un esterno iniziale con drone, mantiene integralmente il suo impianto teatrale basato sull’interazione tra quattro personaggi in unità di luogo e di tempo, a cui si aggiunge in corso d’opera il classico deus ex machina.

Secondo le migliori tradizioni del genere, che rimandano a Le iene di Quentin Tarantino e a Carnage di Roman Polanski, si tratta di un vero e proprio gioco al massacro che mette alla prova i caratteri dei personaggi, costringendoli a rivelare la loro natura e a dare il peggio di sé.

I quattro sono un padre in crisi matrimoniale, immobiliarista rampante privo di scrupoli morali, una madre divorziata che se la fa in segreto con lui, e una coppia piccolo borghese apparentemente dimessa, con cane al seguito. Vale la pena identificare subito gli attori che danno volto ai personaggi, assecondando con grande finezza – sebbene non tutti nella stessa misura – la prova a cui sono chiamati dopo essere stati convocati dalla preside della scuola frequentata dai loro figli. Si tratta di Claudio Santamaria e Raffaella Rea da una parte, e di Angela Finocchiaro e Sergio Rubini dall’altra.

Tutti naturalmente hanno qualcosa da nascondere nei loro trascorsi, ma la reazione diventa scomposta quando la preside, una quasi trasfigurata ma molto espressiva Vittoria Mezzogiorno, rivela loro che i rispettivi figli hanno violentato una tredicenne nella palestra (cui rinvia il titolo del film) in cui ha luogo l’incontro.

Qualcosa non torna nella verosimiglianza dei fatti, perché qualsiasi preside avvertirebbe la polizia prima dei genitori onde evitare il rischio di inquinamento delle prove e di scatenamento di dinamiche imprevedibili. In realtà il film si concentra proprio su quest’ultimo aspetto senza andare troppo per il sottile fino al tragico finale che non va rivelato.

Ma quando i genitori fanno di tutto per sminuire il ruolo dei figli nonostante ogni evidenza, quando cercano di scaricare la responsabilità sulla vittima e poi sulla preside stessa, quando ognuno cerca di incolpare gli altri per immaginare per sé uno sconto di pena, beh, il pensiero non può che andare a certi fatti di cronaca e a certe difese d’ufficio di cui abbiamo avuto prova anche recente.

Nessuno dei quattro personaggi ne esce bene. Non ne esce tanto bene neppure la preside, oggetto di una battuta dal sapore un po’ lugubre che alleggerisce la tensione in crescendo. Ma soprattutto non ne esce bene la natura dell’uomo, e della donna in questo caso, messa davanti a una realtà che nessuno ha il coraggio di affrontare a viso aperto pur di non rinunciare al proprio tornaconto.