Lezioni di western tra anima e natura. Il potente ritorno di Jane Campion in sala

In sala dal 17 novembre (per Lucky Red) “Il potere del cane” di Jane Campion dall’omonimo romanzo western-macho di Thomas Savage. Un film che è il risultato di una perfetta aderenza tra cinema e letteratura. E che mostra la meraviglia e la potenza del rapporto tra Natura e Anima. La Solitudine, Bellezza e Asprezza dei luoghi che si riflette e ci riflette. Come ai tempi di “Lezioni di piano”. Premio per la miglior regia a Venezia 78 …

Qual è il potere di questa storia e di questo film con cui Jane Campion è tornata dopo più di un decennio al lungometraggio?

La meraviglia e la potenza del rapporto tra Natura e Anima. La Solitudine, Bellezza e Asprezza dei luoghi che si riflette e ci riflette.

Se ci ritorna la memoria sul suo incantevole The Piano, con cui nel 1993 si portò a casa da Cannes la Palma d’oro (prima donna a ottenerla) e fece incetta del maggior numero di Oscar, non sono poche le tracce o affinità.

O le ragioni per capire perché il romanzo “western-macho” di Thomas Savage le sia entrato nel cuore così profondamente. Al punto da regalarci un’opera che è il risultato di una perfetta aderenza tra cinema e letteratura. E – scanso dubbi – addirittura sottolineata da capitoli in numeri romani, come in tutti i romanzi ottocenteschi.

Unica libertà è l’inversione al IV capitolo della raccapricciante amputazione degli scroti dei buoi – che l’introverso e crudele Phil (interpretato dal perfetto Benedict Cumberbatch) fa, come tutto, a mani nude – e che il coraggioso e snob scrittore Thomas Savage aveva messo invece in apertura, sfidando la resistenza di non pochi lettori a metà anni Sessanta dello scorso secolo.

Senza contare il tema, spinosissimo allora (e per non pochi forse ancora) dell’omofobia e dell’omosessualità.

C’è anche qui un pianoforte, anche qui c’è il rapporto mai facile tra una donna e due uomini. In questo caso due fratelli. E un’ unica figlia. In questo caso un figlio-figlia.

Ma, tra mandrie, polvere e paesaggi sconfinati, è soprattutto dolore & solitudine il filo conduttore, il trait d’union tra tutte queste creature che dal Montana la Campion ha traslocato a casa sua. In Neo Zelanda.
Dove del resto era ambientato anche Lezioni di piano.

Ma il qualcosa in più di quest’opera è proprio il ritmo, l’aderenza alla scansione lenta del racconto che indica un percorso, ma con sorpresa in agguato.
La deviazione è improvvisa.
Qui, come nel romanzo, non ci sono solo buoni e cattivi perché i ruoli possono essere invertiti. Come succede in natura.

Si può tentare però di difendersi, come fa Rose (Kristen Dunst), inadeguata creatura che si consola con l’alcol, piantando un fiore giallo-arancio nella polvere. Che non a caso è un tagete. Da sempre dicono che protegga gli orti e combatta gli afidi biologicamente.

Ma in questo caso è indubbiamente più facile usare altre maniere.
E ringraziare soprattutto Netflix che anche in Montana e Neo Zelanda questo film ce lo farà vedere.