Se Pif non porta felicità. I “momenti trascurabili” della (nuova) coppia Luchetti-Piccolo

In sala dal 14 marzo (per 01 Distribution), “Momenti di trascurabile felicità”, il nuovo film di Daniele Luchetti scritto in coppia con Francesco Piccolo, a partire dai due fortunati libricini di aforismi con cui lo scrittore e sceneggiatore riempie i teatri italiani da più di una stagione. Pif nei panni del protagonista, però, non riesce a dare ritmo né vitalità ad una commedia ripetitiva e ricca di stereotipi. Peccato …

Maschio medio italiano, sindrome di Peter Pan, scopatore seriale, assente coi figli e con la moglie che, “ce l’ha con lui”, ma lo ama comunque e lo asseconda, invece di metterlo alla porta.

Che poi il lui in questione stia vivendo una seconda chance sulla terra in stile Il paradiso può attendere e affini, è solo la cornice. Poiché il cuore della storia è tutto qui: sterotipi da cinema italiano.

Parliamo di Momenti di trascurabile felicità, il nuovo atteso film di Daniele Luchetti scritto con Francesco Piccolo a cui si deve la sceneggiatura ispirata a quei suoi due libri di successo (Momenti di trascurabile felicità e Momenti di trascurabile infelicità, Enaudi) con cui da alcune stagioni riempie i teatri italiani, leggendo al pubblico salottiero quel catalogo di aforismi sul vivere quotidiano, a cui le finte frasi di Osho, diventate fenomeno sul web, fanno concorrenza.

Perché il primo taxi della fila non è mai davvero il primo? Perché il martello frangi vetro è chiuso spesso dentro una bacheca di vetro? Sono gli interrogativi che si pone Paolo, il protagonista del film, dopo che, volato in paradiso direttamente dall’incrocio dove passando col rosso – come tutti i giorni – è stato investito da un tir, si ritrova rispedito indietro per un’ora e mezza.

Giusto il tempo per provare a mettere qualche toppa alla sua vita da inguaribile superficiale a cui fanno da coro una figlia adolescente che lo detesta – salvo poi trasformarsi in deus ex machina – un figlio saputello e la moglie, suddetta, amabile ma poco amata, pronta ad assecondare anche questo suo improvviso e inspiegabile desiderio di famiglia. Seguendo gli stereotipi femminili tanto cari al nostro cinema e a cui neanche Luchetti – peccato – riesce spesso a sottarsi, come nel precedente Io sono tempesta, in cui Eleonora Danco si risveglia alla vita dopo la scopatina corroborante col mattatore Giallini.

Nella corsa contro il tempo di Paolo, va da sè, c’è il racconto di tutta la sua esistenza, comprese le tante amanti che fanno da tormentone, un po’ come gli stessi interrogativi letterari di Francesco Piccolo che proseguono insistenti: lo yoga e l’Autan non sono in contraddizione? La luce del frigorifero si spegne veramente quando lo chiudiamo? E via dicendo.

Pif nei panni del protagonista, si conferma declamatore monocorde più che attore, poco incline, insomma, a dare il ritmo alla commedia stralunata e di “malinconica allegrezza” voluta dagli autori sulla carta. Thony, la brava cantante scoperta da Virzì (Tutti i santi giorni), qui moglie tradita – e traditrice, ma solo una volta come da canone  -, ci mette del suo, nonostante tutto. E Renato Carpentieri furoreggia come sempre.

Mentre Palermo, per una volta senza mafia, è quella dei bei palazzi storici, ristrutturati con gusto bobo, come l’appartamento di Paolo e famiglia. Dove forse Francesco Piccolo, chissà, seguendo quell’inspiegabile “interesse morboso che ti spinge a chiuderti a chiave nei bagni delle case in cui non sei mai stato” curioserebbe tra “tutti i prodotti che usano”. Fedele ai suoi aforismi di successo. Produce Beppe Caschetto con Raicinema.