Quegli ultimi che a teatro erano i primi
Delude la trasposizione cinematografica della fortunata pièce con Paola Cortellesi nei panni dell’operaia “con la pistola”. Massimiliano Bruno tenta la commedia “politica” ma non fa centro. Da oggi in sala…
In principio era una pièce. Un testo teatrale che ha raccolto riconoscimenti (Premio Eti-Gli Olimpici del teatro, Premio della critica 2006, Premio Anima) e repliche su repliche (per due anni dal 2005 al 2007). Con una Paola Cortellesi one woman show travolgente, ad incarnare sei personaggi contemporaneamente, col solo aiuto della mimimica, della gestualità e della voce. Un monologo che, in qualche modo, ha fatto epoca, proprio perché esemplare della nostra epoca.
Tra dramma e commedia, infatti, Gli ultimi saranno gli ultimi scritto da Massimiliano Bruno, per la regia di Giampiero Solari e Furio Andreotti, racconta di un tema enorme come quello della precarietà. Vissuto in prima persona da un’operaia che, al settimo mese di gravidanza, messa alla porta dal “padrone” – contratto non rinnovato – prende in mano una pistola e fa irruzione nella fabbrica, disperatamente decisa a farsi giustizia da sè.
Ebbene, la pièce ora è diventata un film. Ed ha perso in gran parte la forza e l’equilibrio con cui teneva insieme i toni della commedia con quelli della denuncia civile e del disagio sociale. Che, anzi, in questa versione per il cinema firmata dallo stesso Massimiliano Bruno (Nessuno mi può giudicare, Viva l’Italia) assumono toni moralistici, che imprigionano la storia e i personaggi nel regno del didascalico e della macchietta, nonostante l’ottimo cast (Paola Cortellesi, Alessandro Gassmann, Fabrizio Bentivoglio, Ilaria Spada, Stefano Fresi).
Il racconto, racchiuso tutto in una notte a teatro, qui si dilata nei nove mesi di gravidanza di Luciana (Paola Cortellesi), operaia precaria in una fabbrica di parrucche della provincia romana, dove vive col marito sfaccendato e fedifrago (Gassman), circondata dall’affetto e dalla solidarietà degli amici di sempre, tutti impegnati a sbarcare il lunario ma pronti, al bisogno, ad aiutarsi l’uno con l’altro. Sorridente – anche troppo – e vitale Luciana tira avanti la baracca col poco che guadagna, senza lamentarsi mai. Neanche col marito perdigiorno e “intrallazzone”. Ma quando finalmente incinta e licenziata per questo dovrà fare i conti con l’impossibilità di andare avanti, Luciana deciderà per il suo disperato gesto di ribellione, coinvolgento a catena tutto il suo enturage. Compreso il poliziotto veneto un po’ “scemotto” (Bentivoglio) trasferito lì “con disonore”, di fronte al quale (come annunciato all’inizio del film) si troverà con la pistola in pugno.
Gabriella Gallozzi
Giornalista e critica cinematografica. Fondatrice e direttrice di Bookciak Magazine e del premio Bookciak, Azione!. E prima, per 26 anni, a l'Unità.
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