“Quel che affidiamo al vento”, dal bestseller un film per Cattleya
Il libro è uscito poco prima della quarantena, edito da Piemme, ed ha rapidamente scalato le classifiche, tanto che verrà presto tradotto e pubblicato in molti paesi. Il merito è certamente delle sua giovanissima autrice, italiana d’origine ma giapponese d’adozione, che nei propri romanzi (questa infatti è già la sua quarta opera in pochi anni) offre il suo punto di vista privilegiato sulla società e sulla cultura del Sol Levante.
Quel che affidiamo al vento in particolare affronta i temi del dolore e della perdita, prendendo spunto da una cabina telefonica senza fili realmente esistente nel giardino di Bell Gardia, a Iwate, ai piedi di quella che viene chiamata la Montagna della Balena.
Dopo lo tsunami del 2011, la cabina è diventata un luogo di pellegrinaggio per chi aveva perduto un proprio caro. L’interno è composto solo da un vecchio telefono a disco e da un quaderno su cui appuntare il proprio nome, lo scopo del kaze no denwa (“telefono del vento”) è infatti quello di rimettere in contatto, per quanto possibile, chi è sopravvissuto con chi non ce l’ha fatta. È così anche per i personaggi del romanzo, che si recano nel giardino per dare sfogo al proprio dolore.
La storia di questa incredibile cabina è stata inoltre raccontata in un documentario disponibile online.
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