I ragazzi dello zoo Europa al Lecce Filmfest
Con l’Ulivo d’oro all’ungherese “Lily Lane” di Bence Fliegauf si è conclusa, il 23 aprile, l’edizione 17esima del Festival del Cinema europeo di Lecce. Tanto cinema di qualità e, in particolare, storie di adolescenza senza futuro con “Baby(A)Lone” del lussemburghese Donato Rotunno, ispirato alle pagine di un romanzo e “One Of Us”, dell’austriaco Stephnan Richter…
Si fa presto a dire cinema europeo. Più difficile è offrirne uno spaccato esaustivo che tenga presente tensioni e nuovi linguaggi. In questo senso ha fatto centro l’edizione XVII del Festival leccese, diretto da Cristina Soldano e Alberto La Monica, offrendo un concorso di grande qualità (anche se messo in secondo piano dai tanti “eventi” collaterali). A cominciare dal vincitore, quel Bence Fliegauf, autore di punta del cinema ungherese più visionario, che ha portato a Lecce il suo ultimo Lily Lane (già passato alla Berlinale) sorta di favola ad occhi aperti, vissuta da una madre e il suo bambino, tra ricordi e immaginazione.
L’infanzia o più in là, l’adolescenza, come età di passaggio è tema delicato, si sa, spesso indagato dal cinema, con alterni risultati (basti pensare al nostrano Un bacio). E in questa direzione, per esempio, va Baby (a) lone del lussemburghese Donato Rotunno, produttore, regista e documentarista che, in questo suo secondo film di finzione, presentato al Festival leccese, porta sul grande schermo un romanzo di successo (inedito in Italia): Amok di Tullio Forgiarini, insegnante e scrittore anche lui di origini italiane, qui anche in veste di sceneggiatore.
La storia, ambientata in Lussemburgo, ma buona per ogni latitudine, è quella di due tredicenni, un lui e una lei, che di violenza, droghe e pornografia fanno esperienza ogni giorno, proprio nelle aule e nei cortili della loro scuola. Se non addirittura nei loro disastrati nuclei familiari, dove gli adulti latitano o peggio, sono i primi ad offrire il pessimo esempio. In due i ragazzini tentano di vincere la solitudine e lo squallore quotidiano, privo di ogni affetto, con prevedibile fuga verso un futuro che non c’è.
Sorprendente e stilisticamente affascinante è, invece, One Of Us dell’austriaco Stephan Richter, giovane autore cresciuto nel mondo dei clip musicali e della videarte (e premiatissimo ai festival) che, in questa sua opera prima racconta un tragico caso di cronaca accaduto in Austria: un ragazzino di 14 anni ucciso per un furto da un poliziotto in un supermercato.
Qui i banconi ricolmi di merce allineata del supermarket, ripresi con ossessiva ripetitività, si fanno metafora della nostra società dei consumi. Delle sue leggi planetarie di omologazione e di esclusione. Fuori dal supermercato, nel piazzale dei non luoghi delle periferie urbane, un gruppo di ragazzi sbandati tra alcol e droghe sbarcano il loro quotidiano di squallore e disoccupazione. Dentro nell’ordine assoluto, maniacale, dell’osservanza alle leggi del consumo non c’è spazio per chi è “diverso”. E quando il più giovane di loro, nel tentativo di farsi accettare dal “branco”, tenterà di violare la “fortezza” del consumismo, finirà a terra con un colpo di pistola alla fronte. Mentre il poliziotto che ha sparato, come è accaduto nella realtà, sarà “coperto” dal sistema e allontanato dal suo incarico soltanto per qualche mese.
Dispiace che la giuria del Festival leccese abbia totalmente ignorato questo titolo. Mentre ci piace sottolineare il premio alla sceneggiatura per Our Everyday Life, della regista bosniaca Ines Tanovic (vincitrice anche del premio Fipresci) un toccante spaccato di vita del suo paese e della sua generazione, inesorabilmente imprigionati dai fantasmi della guerra.
Gabriella Gallozzi
Giornalista e critica cinematografica. Fondatrice e direttrice di Bookciak Magazine e del premio Bookciak, Azione!. E prima, per 26 anni, a l'Unità.
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