Signori a tavola… Il film è servito!
Dalla mozzarella in carrozza di “Ladri di biciclette” alla pasta e ceci de “I soliti ignoti”, più aneddoti e curiosità. Laura Delli Colli, giornalista e scrittrice, fa una nuova incursione tra le “ricette per cinefili” col nuovo libro, “Pane, film e fantasia”, presentato al Festival…
Un piatto di spaghetti belli al dente, alla carbonara o alla puttanesca, magari con le vongole. Questione di gusto. Un bel film che si assapora già quando la luce in sala comincia ad abbassarsi e che, se la scelta di conferma giusta, sui titoli di coda produce attimi di gioia assoluta. Come quelli che fornisce la scarpetta finale in un sugo riuscito particolarmente bene.
Cibo e cinema. Un abbinamento sperimentato in tanti film. Perché se la vita quotidiana, i dolori e le speranze, gli amori e le delusioni, la fantasia e la banalità sono il canovaccio di ogni storia che scorre sullo schermo è indiscutibile che dolori e speranze, amori e delusioni, fantasia e banalità di ogni vita, comune o straordinaria, è per necessità nutrita da un primo di tradizione, da secondi banali o fantasiosi, dalla gratificazione che ti arriva da un dolce.
Di questo connubio parla di nuovo Laura Delli Colli, giornalista e scrittrice, nel suo libro appena uscito Pane, film e fantasia, un ideale proseguimento degli altri volumi con cui l’autrice ha già messo insieme le sue passioni. Quella per il cinema, occuparsene è anche il suo lavoro. E quella per la cucina. Tradizionale e non. Da riscoprire e rivisitare non temendo di rischiare il giudizio dei puristi che spesso sono i primi a sbagliare.
“Il gusto del cinema italiano” è il sottotitolo del volume, edito da Rai Eri con l’Istituto Luce Cinecittà, presentato al Festival di Venezia. In copertina c’è la foto fuori scena di Alberto Sordi e David Niven impegnati a recitare nei Due nemici che non rinunciano a farsi da soli un bel piatto di pasta dopo una giornata di lavoro sul set superando con l’inventiva dei grandi la triste ipotesi del “cestino”.
Cento ricette per cento film. Gli ingredienti e la spiegazione per procedere spediti tra i fornelli, nel caso si volesse riprodurre la ricetta. Le foto di scena, alcune rare, per ricordare il momento più significativo di opere che hanno segnato la storia del cinema italiano. E non solo i film che in qualche modo al cibo fanno esplicito riferimento, per tutti La grande abbuffata di Marco Ferreri, ma anche quelli in cui il piatto che si assapora in una scena in cui due persone, una famiglia si ritrovano, sembra marginale ma non lo è mai. La scelta di un regista su quale cibo servire ai propri protagonisti non è mai casuale. Può essere influenzata da uno di loro, questo sì. I ladri sfortunati de I soliti ignoti mangiano pasta e ceci solo perché era il piatto preferito di Marcello Mastroianni. Doveva essere pasta e fagioli. Monicelli lo accontentò.
Ci sono piatti ricchi e piatti poveri in questo Artusi della celluloide (che non si usa più ma che continua ad essere il simbolo di un’arte straordinaria). C’è la storia dell’Italia del dopoguerra che faceva ancora i conti con la fame e quella di un Paese che si risolleva e guarda in avanti, che guarda oltre frontiera pagando, per raggiungere l’emancipazione dalla miseria, il prezzo alto di una emigrazione dolorosa che intacca le consuetudini, a cominciare da quelle alimentari. Nelle ricette proposte da Laura Delli Colli c’è, dunque, la cronaca e la leggenda di un Paese. E poi ci sono gli aneddoti sugli attori che hanno contribuito a fare grande il cinema italiano. Gli spaghetti di Alberto Sordi e di Totò. La porchetta di C’eravamo tanto amati. La polenta di Novecento. La mozzarella in carrozza di Ladri di biciclette. La minestra di pasta e broccoli di Roma città aperta. E le pizzelle di Sophia Loren…
Provare per credere. Sapendo che le ricette vanno sperimentate e i film vanno visti. Entrambe le arti fanno bene al cuore, alla testa e anche alla pancia. Sapendo che il libro è corredato da un indispensabile glossario per facilitare un connubio che è nei fatti. In fondo, fa notare l’autrice, “la pellicola appena andata in pensione non si chiamava pizza?”.
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