È tornato pure Mussolini (al cinema). Ma non funziona neanche lui
In sala dal primo febbraio (per Vision distribution), “Sono tornato”, remake del film tedesco su Hitler nella versione italiana con Mussolini, firmata da Luca Miniero. Tra documentario e fiction il Duce redivivo attraversa l’Italia populista e razzista di oggi, diventando una star della tv. Ma il timore di forzare davvero le corde della provocazione e scardinare la gabbia del politicamente corretto lascia il film irrisolto. Insomma né fa ridere, né fa paura…
Accadeva per Lui è tornato del tedesco David Wnendt che ha riportato in vita Adolf Hitler sulle tracce del best seller di Timur Vermes (Bompiani). Accade ora anche per Sono tornato, suo remake in chiave italica con Mussolini redivivo per la regia di Luca Miniero, nelle sale dal primo febbraio per Vision distribution.
In entrambi i film, infatti, la paura di forzare davvero le corde della provocazione e scardinare la gabbia del politicamente corretto lascia le opere irrisolte. Una commedia alla Borat, ma senza la forza dissacrante di Sacha Baron Cohen, si direbbe.
Tanto che questo Duce, con la mascella volitiva di Massimo Popolizio, appare persino innocuo – e pure simpatico – con quei suoi proclami populisti superati di gran lunga da quelli dei Salvini, Berlusconi, Grillo, Renzi. Proclami che alla fine non raccontano nulla di cosa sia stato realmente il fascismo, consegnando gli ororri del Ventennio a qualche battuta più o meno azzeccata – e tante anche scontate – su “pederasti”, immigrati e una finestra – che non riesce però a commuovere – sulla memoria dell’Olocausto, affidata ad una nonna ebrea con l’Alzheimer, l’unica che riconosce davvero Mussolini, scambiato da tutti per un comico televisivo.
La storia, infatti, narra del misterioso ritorno in vita del Duce (a Roma, a Piazza Vittorio) che, “agganciato” da uno sfigato e precario regista tv (lo youtuber Frank Matano), farà carriera sul piccolo schermo come comico e opinionista, buono per far impennare l’Auditel e collezionare milioni di like. Mentre un viaggio per l’Italia, a bordo di un furgoncino, il regista e il Duce insieme, appasionatamente, offrirà al film il suo risvolto documentaristico e “sociologico”.
Saluti romani che si levano tra la folla al suo passaggio, intervistati che concordano su razzismo e dittatura, centinaia di selfie scattati da turisti e passanti accanto a Mussolini, con la stessa indifferenza con cui si fanno le foto ricordo col centurione romano davanti al Colosseo.
Fa ridere? Fa paura? Nessuna delle due, in realtà.
Scritto da Nicola Guaglianone, ormai sceneggiatore star dopo il successo di Jeeg Robot, Sono tornato soffre anche di una narrazione discontinua e di un’estetica da show televisivo, di cui, pur tentandone la satira, condivide luoghi comuni e superficialità. Peccato.
Gabriella Gallozzi
Giornalista e critica cinematografica. Fondatrice e direttrice di Bookciak Magazine e del premio Bookciak, Azione!. E prima, per 26 anni, a l'Unità.
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