Tutti i romanzi che hanno “vinto” l’Oscar 2016
Da “The Revenant” con DiCaprio oscarizzato per la prima volta, al folgorante “Il figlio di Saul” sull’inferno di Auschwitz, le preziose statuette vanno nella quasi totalità alle pellicole che nei libri hanno trovato ispirazione. Molto più che una tendenza…
L’avevamo già detto e lo ripetiamo: questa edizione 2016 dell’Oscar è nata e si è conclusa sotto il segno della letteratura. Nella notte del 28 febbraio al Dolby theatre di Los Angeles, infatti, sono stati incoronati tutti film ispirati da libri, dei più vari e di più varia natura.
A cominciare dall’Oscar per il miglior film e per la sceneggiatura, andati – ed era tra i favoriti – , a Il caso Spotlight di Thomas McCarthy, quello sui preti pedofili americani denunciati dai giornalisti del Boston Globe. L’inchiesta fruttò loro il Premio Pulitzer 2003, da cui è nato il libro, col titolo italiano, Tradimento (Piemme editore).
Revenant. La storia vera di Hugh Glass e della sua vendetta (Einaudi) è poi il libro più “premiato”. Questa storia di fine Ottocento che lo scrittore Michael Punke ha “recuperato” nel 2002 e romanzato intorno agli archetipi fondanti del mito americano, ha ispirato, infatti The revenant, che ha fruttato a Leonardo DiCaprio il suo primo Oscar come miglior attore protagonista (dopo varie candidature in passato) e a Alejandro Gonzales Iñárritu, quello per la regia.
Room della scrittrice irlandese Emma Donoghue è alla base dell’omonimo film di Lenny Abrahamson, per la cui interpretazione, Brie Larson, si è aggiudicata l’Oscar come migliore interprete. Il romanzo arrivato in Italia col titolo Stanza, letto, armadio, specchio (Mondadori, 2010) è la storia toccante e claustrofobica di un bimbo di cinque anni e della sua mamma segregati nel capanno dell’”Orco”.
La verità sul caso Rudolf Abel di James B. Donovan, che ha ispirato Il ponte delle spie di Steven Spielberg, ha “regalato” la statuetta per il miglior attore non protagonista a Mark Rylance. Pubblicato in Italia da Garzanti il libro è un potente affresco della Guerra fredda, a partire da uno scambio di prigionieri tra le due potenze, Urss e Stati Uniti.
The Danish Girl, romanzo del californiano David Ebershoff, portato sul grande schermo da Tom Hooper ha “consegnato” l’Oscar per l’attrice non protagonista ad Alicia Vikander. Ossia la moglie di Einar Wegener, il pittore danese, paesagista, passato alla storia per essere stato il primo transessuale delle cronache, diventando per tutti, dopo l’operazione chirurgica, Lili Elbe.
È addirittura un saggio finanziario, poi, ad aggiudicarsi l’Oscar per il miglior adattamento. Parliamo, infatti, di La grande scommessa, titolo italiano con cui Rizzoli ha nuovamente portato in libreria The Big Short: Inside the Doomsday Machine dell’americano Lewis Michael, da cui Adam McKay ha tratto il suo film. Il libro quando uscì nel 2010 negli Usa, restò per 28 settimane nella top ten dei più venduti, per la sua capacità di spiegare alla gente comune la grande truffa dei “mutui subprime”, quelli che scatenarono la crisi mondiale del 2008 e che il film di McKay racconta egregiamente.
Un testo davvero speciale, ancora, è alla base de Il figlio di Saul, folgorante esordio dell’ungherese Laszlo Nemes che si aggiudica l’Oscar come miglior film straniero. Si tratta, infatti, di Des voix sous la cendre, sconvolgente raccolta di testimonianze dei Sonderkommando di Auschwitz (pubblicata dal Memoriale della Shoah), sotterrate e nascoste prima della rivolta dell’ottobre 1944 e ritrovate anni dopo. In quelle pagine dell’orrore sono ricostruite, nel dettaglio, regole ed organizzazione del lager, vera fabbrica di morte, dove i nazisti chiamano i cadeveri “Stuck”, pezzi, i prigionieri sono solo numeri e i “tempi di produzione” serrati nell’obiettivo di arrivare alla soluzione finale, mentre l’Armata Rossa è alle porte di Cracovia. Tutto questo racconta mirabilmente il film che torna in sala il 7 e l’8 marzo. Davvero da non perdere.
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