Ustica di Martinelli, né rivelazioni né cinema
In sala dal 31 marzo il film dedicato alla strage del DC-9, una delle pagine nere della nostra storia che aspetta ancora giustizia. E su cui il regista di “Barbarossa” non offre alcuna nuova prova al di fuori di quelle già note. C’è anche il suo libro, edito da Gremese…
Diciamolo subito, il nuovo film di Renzo Martinelli su Ustica ha un’ambizione, per ammissione dello stesso regista: avvicinarci a una verità che cerchiamo da trent’anni. Un’ambizione legittima ma che non sembra essersi realizzata con questa pellicola, che a dispetto degli annunci su pretese, sconvolgenti nuove rivelazioni, di nuovo, mi spiace dirlo, non ha assolutamente nulla.
Anzi, se possibile fa ancora più confusione in una vicenda che tra ritardi, reticenze, omissioni e veri e propri depistaggi, non ha bisogno di venire ulteriormente ingarbugliata. Delle cinquemila pagine che Martinelli (regista, ricordiamocelo, dell’impresentabile pippone padano Barbarossa) dice di aver letto nel film non c’è traccia alcuna.
Ma a parte la verità storica, che potrebbe anche non appartenere al film se non fosse lo stesso Martinelli a rivendicarla, il vero problema di questo film è che si tratta di un lavoro francamente brutto, a tratti anche dilettantesco, che non convince non perché non porta elementi di prova (e come avrebbe potuto? Non ci sono riusciti cinque o sei processi) ma perché è un racconto esile e senza qualità di una grande tragedia prima umana ma poi anche politica che da oltre trent’anni segna la vita e la storia di questo Paese.
Ustica è prima di tutto una storia di vite annientate senza una ragione. Fosse stato un incidente, l’avremmo archiviato come uno dei tanti lutti più o meno ingiusti che ci attraversano la vita. Ma ce ne saremmo fatti una ragione, magari bestemmiando contro il destino. Ma il destino è immanente e smisurato, quasi quanto Dio, e non si può che accettarlo, prenderne atto.
Ustica con il destino non ha nulla a che fare. Ustica è opera diretta di un uomo, o di molti uomini. Molti sanno cosa è successo davvero sul mar Tirreno quel giorno di giugno. Molti hanno tramato e tramano ancora per impedire che la verità venga a galla. Per questo è una tragedia epica e definitiva.
Una dimensione che manca totalmente alla narrazione di Martinelli che risente anche di una sconcertante tendenza a scarocciare in semplificazioni da video game. Gli inseguimenti aerei, i duelli nei cieli si potevano omettere. Bastava accennarli. Martinelli ha scelto di farli vedere con animazioni banali. Mi rendo conto che il budget del film non consentiva forse di più, ma lo scimmiottamento della realtà virtuale hollywoodiana poteva risparmiarcelo. Come gli improbabili colloqui tra il pilota libico (“L’aereo è docile come una moglie”) e il suo comandante sull’aeroporto di Banja LuKa che la dicono lunga anche sull’idea che il regista ha degli arabi e delle donne.
Ma il limite vero è l’enunciazione di una tesi (l’abbattimento da parte di aerei statunitensi) che il lavoro del regista non supporta con nessun elemento nuovo rispetto a quello che già si sapeva. O si riteneva di sapere. La tesi dell’abbattimento a opera di aerei USA provenienti da Sigonella o da una portaerei operante nel Tirreno non ha mai trovato riscontri sufficienti, anche se viene sposata dal libro del giudice Priore che indagò a lungo sulla strage del DC-9. Ma successivi approfondimenti da parte della Procura di Roma che indaga ancora su quella sera di giugno sembrano spostare lo scenario più a nord, tra la Corsica e la Toscana, come conferma anche una recente inchiesta della tv francese che chiama in causa la base corsa di Solenzara.
Come dicevo non spetta a un film scrivere o riscrivere la storia. Uno si sarebbe accontentato anche di un racconto ben assemblato e recitato. Purtroppo non c’è né l’una né l’altro.
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