Agnès e JR, la strana coppia che fa più bello il mondo

In sala dal 15 marzo distribuito dalla Cineteca di Bologna, “Visages Villages” l’irresistibile viaggio per la Francia di Agnès Varda e JR. La grande protagonista della Nouvelle Vague, novantenne e lo street artist francese, trentacinquenne, ridisegnano campagne e paesini attraverso le gigantografie dei loro abitanti. Un caleidoscopio di volti, un meraviglioso inno alla vita illuminata dall’arte. Da vedere …

Volti di uomini e donne. Volti espressione di un mondo che gira intorno a noi, di un mondo che siamo noi. Volti illuminati dal tempo. Volti irradiati dalle emozioni. Volti incredibilmente belli nella loro semplice quotidianità e nella loro debordante straordinarietà a raccontare mille storie, di mille mondi possibili, prive di filtro. Insomma la semplicità e l’immediatezza di chi vive la vita di tutti i giorni senza porsi limiti.

Questo caleidoscopio di volti è il meraviglioso universo di Visages Villages, intenso film firmato a quattro mani da Agnès Varda e JR. Un film nel film dove la grande regista protagonista della Nouvelle Vague e lo street artist francese raccontano un mondo a parte raccontando il loro mondo. Le loro vite, lei 90 anni, lui 35, si intrecciano per restituire un affresco di generazioni e umanità col chiaro intento di descrivere arte, cultura e società, tendenze di oggi e degli ultimi sessant’ anni. Un percorso, un viaggio nella Francia di oggi per ricordare quella di ieri. Un viaggio nella Francia di ieri per evocare quella di oggi.

Agnès Varda tutti la conoscono. Fotografa, regista, artista e prima donna ad aver avuto un Oscar alla carriera. Autrice not bankable ma che ha scritto la storia del cinema con migliaia di metri di pellicola. Tra i quali  è forse proprio Cleo dalle 5 alle 7 (1962) a rimandarci più da vicino a Visages Villages in quel suo desiderio di ripensare al passato per vedere il futuro. Due modi simili e antitetici di indagare nella propria coscienza. Un modo sottile e delicato per capire chi siamo e dove stiamo andando. E se la “fine” della propria vita si avvicina, che dire? È solo una fine e poi più nulla. Noi siamo qui, in questo mondo, di passaggio, tentando di fare del nostro meglio per lasciare delle tracce. E per un artista cosa di meglio se non il proprio lavoro?

Un quesito o un’affermazione che scorre sottile per tutto il film, dove i due autori vagabondando per una Francia di provincia alla ricerca del Sacro Graal dell’arte e della vita, scoprono territori, fisici e non, incredibili.
Insieme ripercorrono luoghi cari a entrambi. A volte ne scoprono di nuovi. Esplorano anime per capire bene questo cosmo dove ci muoviamo frenetici come formiche instancabili.

Agnès e JR viaggiano a bordo di un furgone attrezzato per poter stampare, nell’immediato, gigantografie dei loro nuovi soggetti umani. Creano installazioni fotografiche su pareti abbandonate, nel nulla del vuoto spaziale. Pareti scrostate, istoriate nel loro profondo. I due artisti fanno questo tipo di operazione per lasciare una nuova traccia, per dare un nuovo significato senza, però, dimenticarne il passato.

Cosi fanno nel paesino minerario con le vecchie case dei minatori, tutte abbandonate meno una, dove una signora resiste nel ricordo di tempi remoti. Con i suoi cimeli. Con i suoi carichi di emozioni. Con le sue aspettative di un tempo. Con i suoi cari ancora presenti in ogni angolo di quella cittadina, quasi fantasma.

E questo è solo l’inizio del viaggio di Varda e JR. Man mano che si addentrano nel passato operaio del profondo Nord francese, lasciandosi alle spalle la luccicante Ville Lumière, il loro moto a luogo diventa sempre più intimo, i personaggi che incrociano sono una sorta di specchio nel quale riflettersi.

Dalla giovane cameriera del bar che diventa una star del paese grazie alla sua foto gigantesca su un muro dimenticato; all’artista clochard che crea opere d’arte con le rondelle metalliche delle bibite e che vive con la pensione sociale non avendo mai avuto un vero lavoro, poiché di arte non si mangia.

E ancora gli allevamenti caprini, dove in nome della produttività ai poveri animali vengono bruciate le corna per non farli combattere. I due Ciceroni, in questa follia inumana, incontrano l’anziana allevatrice che afferma perentoria “evitare la lotta sarebbe come vietare agli uomini di farsi la guerra, impossibile perché è nella loro indole”.

In questo incontro corre tutta la cifra del film: se il mondo è difficile da correggere, si può tentare con l’arte. Con la bellezza dell’arte. Con la comunicazione dell’arte. Con la fantasia sfrenata dell’arte. E non importa se alla fine l’incontro con Godard non ci sarà. Lui, non si farà trovare in casa, nella sua casa, dopo aver dato appuntamento alla sua sodale di un tempo. Per lei, Agnés Varda, non ci sarà la possibilità di ricordare i vecchi tempi, però, per lei rimarrà viva la bellezza del gesto semplice e dell’amicizia che si fa arte. Per lei, ora, con il suo nuovo “amico” JR, si aprono nuovi orizzonti. Sono pronti per affrontare nuove sfide e per ricordare al mondo che l’arte rende vivi.


Mauro Conciatori

giornalista e regista


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