Bellocchio fa “bei sogni” ma ancora coi pugni in tasca

In sala dal 10 novembre “Fai bei sogni” che ha aperto la Quinzaine des réalisaters tra entusiasmo e lacrime. Marco Bellocchio a Cannes col suo ultimo film tratto dall’omonimo romanzo di Gramellini e spiega: “Non voglio contrappormi al testo, ma nell’adattamento vivono sguardi e sensibilità diverse”…

Fais de beaux reves (c) Simone Martinetto 3

Applausi, commozione, dichiarazioni di amore – cinefilo – incondizionato. Marco Bellocchio nel giorno dell’apertura della Quinzaine des réalisateurs è il re assoluto. A ricordarci che la Francia lo adora, nonostante il festival di Cannes non abbia scelto per il concorso il suo Fai bei sogni dall’omonimo romanzo autobiografico di Massimo Gramellini.

E lui il “ribelle, l’anticonformista”, coi pugni ancora in tasca, come oltralpe è cosiderato, è pronto a raccontarsi. E a raccontare di questo suo ultimo film nato da un libro, dice, “con cui non voglio contrappormi”, ma che nell’adattamento vive di “sguardi e sensibilità diverse”.

Un film su “commissione”, il suo primo in assoluto, che gli ha proposto il produttore Beppe Caschetto (uomo “potente”, aggiunge) e che Bellocchio, raffinato intelletuale, non aveva letto a differenza degli infiniti fans che ne hanno decretato le glorie da bestseller “più amato dagli italiani”. E in cui, comunque, ha scavato da grande autore qual è, trovando chiavi di lettura e “connessioni”, perché “la maturità – racconta quasto splendido 76enne  – ti dà la possibilità di scoprire cose lontane che ti riguardano”.

Centrale nel libro di Gramellini (“Un signore”, lo descrive Bellocchio “che non si è mai inserito” nella lavorazione del film), infatti, è il rapporto di questo “bimbo piccolo borghese con la madre”. Una madre presente, innamoratissima del figlio che deciderà, però, nonostante l’amore, di togliersi la vita, convinta di essere prigioniera di una malattia che non perdona. Consegnando all’anaffettività permanente il futuro di suo figlio (interpretato nella maturità da Valerio Mastandrea).

“Ora dirà qualcuno – sottolinea Bellocchio riferendosi a I pugni in tasca – come si permette questo qui che ha buttato la madre in un burrone a fare un film con una madre “santificata”? Ebbene è proprio questo il punto. Se ne I pugni in tasca Alessandro uccideva sua madre perché non gli dava nulla ed era completamente cieca, qui cadiamo nell’esatto opposto con una madre che è il massimo della compenetrazione”. Due aspetti di un unica medaglia, insomma, che Bellocchio ha sempre indagato nel suo cinema (L’ora di religione, per stare a tempi più recenti), consapevole che la conflittualità madre-figlio sia un tema universale.

“Non ho mai conosciuto nessuno – prosegue – che descrivesse sua madre come perfetta e adorata. Piuttosto è proprio l’evoluzione dei sentimenti del personaggio che mi interessa. Come in Buongiorno notte, in cui la brigatista – interpretata da Maya Sansa – dava il senso del cambiamento, così in Fai bei sogni ho seguito l’uscita dalla passività di Massimo, che va al di là della passiva banalità del dolore”. E che Bellocchio tenta di sottolineare a più riprese, puntellando con spirito critico, il suo, anche i momenti più melò del testo di Gramellini, come la lettera che il protagonista, giovane redattore de La stampa scrive in risposta al lettore che odia sua madre.  “La lettera – precisa il regista – è diversa da quella del libro. Massimo è sincero nel rispondere ma allo stesso tempo è preoccupato di eccedere nel sentimentalismo”. Ed ecco, infatti la risposta che Bellocchio affida nel film al capo redattore: “il libro cuore che è un capolavoro ti fa una pippa”.

E c’è n’è pure per i giornalisti, vista la professione dello scrittore nonché protagonista. “Un mestiere tragico – conclude Bellocchio che nel film lo mostra nel suo cinismo più estremo – perché è costretto a rincorrere l’attualità senza alcuna riflessione”. A lui, autore, invece, che è dato riflettere, potrà far tesoro delle critiche intorno al suo film, visto che l’uscita è prevista in ottobre.