Degenerati sono loro. Come Hitler ha saccheggiato l’arte, in un doc
È “Hitler contro Picasso e gli altri. L’ossessione nazista per l’arte” di Claudio Poli che torna in sala il 17 marzo (per Nexo Digital). Un doc attraverso la storia dei saccheggi di opere d’arte commessi dai nazisti durante la guerra. E allo stesso tempo il racconto dell’ossessione di Hitler per “l’arte degenerata”, condannata e derisa nella grande mostra del ’37 a Monaco …
Paul Klee, Oskar Kokoschka, Otto Dix, Marc Chagall, El Lissitzky: “incompetenti e ciarlatani”, “decadenza sfruttata per scopi letterari e commerciali”, insomma “arte degenerata”. Così il nazismo ottant’anni fa bollò l’opera dei grandi protagonisti delle avanguardie europee, dando il via, contemporaneamente, al grande saccheggio del patrimonio artistico dell’Europa occupata. E spostando – involontariamente – la capitale mondiale dell’arte da Parigi a New York, dove i molti collezionisti ebrei in fuga, aprirono nuove gallerie strappando all’Europa il primato e il ruolo di culla dell’arte e delle avanguardie.
Di questo complesso percorso che lega autori, curatori, mercanti, eredi di opere, città e nazioni racconta Hitler contro Picasso e gli altri. L’ossessione nazista per l’arte, il doc di Claudio Poli, prodotto da 3D Produzioni e Nexo Digital con la partecipazione di Sky Arte HDe in sala a grande richiesta il 17 marzo dopo l’uscita il 13 e 14 marzo.
Ecco dunque la mostra di Monaco del luglio ’37, organizzata in pompa magna dal Terzo Reich, per condannare e deridere di fronte all’intera nazione quell’arte non in linea con l’idea di bellezza propagandata dal nazismo. Circa 650 opere – sequestrate nei musei, nelle gallerie e dalle collezioni private -, tra le migliori delle correnti moderniste – da Max Beckmann a Oskar Kokoschka, da El Lissitzky a Otto Dix – esposte sui muri con frasi del tipo: “un insulto agli eroi tedeschi della Grande Guerra”, oppure “decadenza sfruttata per scopi letterari e commerciali”. E ancora, affiancate da foto con mutilazioni fisiche, a suggerire l’arrogante equazione tra malformazione fisica e malformazione pittorica. Ebbene, la mostra di propaganda fu portata in tour tra Austria e Germania e la visitarono circa 2 milioni di persone. E pensare che l’uomo che creò il termine “arte degenerata”, Max Nordau, era un sociologo ebreo sionista che nel 1892 scrisse il libro Degenerazione, inconsapevole dell’uso che ne avrebbero fatto il regime nazista.
Allo stesso tempo, però e a due passi dalla prima, un’altra grande esposizione vide la luce: la “Grande Esposizione di Arte Germanica” per celebrare al contrario la “pura arte ariana”. Esposizione di cui si occupò personalmente Hitler e che rappresenta l’inizio di quella grande ossessione per l’arte classica che avrebbe portato il Führer e Goering a contendersi i patrimoni artistici dei paesi occupati. Capolavori che avrebbereo voluto esporre nel sognato “Louvre di Linz”, progetto architettonico rimasto solo sulla carta.
Anche Goering, compulsivo collezionista nazista compilò una lista di opere che avrebbero dovuto comparire nella sua residenza di Carinhal, non lontano da Berlino. I capolavori dell’arte “degenerata” vennero invece venduti e i proventi, finiti nelle casse statali, utilizzati in seguito per l’acquisto dell’arte preferita dal regime.
Il film, attraverso la voce narrante di Toni Servillo, ci accompagna poi a “visitare” altre due grandi mostre che a distanza di 80 anni, nel 2017, servono a fare il punto su cosa sia rimasto di quel tesoro trafugato dai nazisti e su molti dei protagonisti di quegli anni. Ed ecco uno dei punti forti del racconto: la Collezione Cornelius Gurlitt.
A inizio novembre 2017 si aprono al Kunstmusem di Berna e alla Bundeskunsthalle di Bonn due mostre delle opere del lascito di Cornelius Gurlitt, lascito molto discusso, proprio per la derivazione delle sue opere. In parte i proprietari sono stati rintracciati, in parte sono in attesa di riconoscimento. In mostra i quadri, tra gli altri di Otto Dix, George Grosz, Emil Nolde.
Le due mostre sono il primo tentativo tedesco/svizzero di trovare una soluzione. Cornelius Gurlitt, (morto il 6 maggio 2014), infatti, era il figlio ed erede di Hildebrand Gurlitt, uno dei mercanti d’arte vicini al regime, incaricati da un lato di ammassare opere razziate o acquisite al ribasso nei territori occupati e dall’altro di far cassa con la loro vendita. Ed è il settimanale Focus a rivelare di quelle ulteriori 200 opere, sempre di Cornelius, rinvenute nel 2014: tele di artisti della Nuova Oggettività, del Gruppo “Die Brücke” e del “Cavaliere Azzurro”, ma anche di Paul Cézanne, Paul Gauguin, Claude Monet, Pierre-Auguste Renoir.
Trame che si intrecciano ed aggrovigliano, insomma, attraverso una storia lunga ottant’anni. La cui ricostruzione nel film non è di così facile comprensione, ma allo stesso tempo tiene con il fiato sospeso come in un giallo. Un giallo, però, costruito sull’orrore.
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