2017 annus horribilis del cinema italiano. E continuiamo a farci del male

Presentati a Roma i dati Cinetel 2017: -46,35% rispetto al 2016 per numero di presenze e -44,21% per biglietti venduti. È mancato il film di Zalone, lamentano gli addetti ai lavori, nella convinzione che il cinema italiano debba continuare a vivere di sole commedie. Sotto accusa come sempre la pirateria e i colossi dello streaming. E confidano nella legge Franceschini, fatta però per premiare chi già incassa. Continuiamo a farci del male …

È tutto un segno meno il cinema italiano del 2017. In calo, rispetto al 2016, gli incassi (-11,63), le presenze (-12,38%) oltre che la quota di mercato italiana (meno -46,35% ), la peggiore registrata negli ultimi 4 anni.

I numeri della crisi sono emersi nel corso dell’annuale conferenza stampa organizzata dall’Anica, sulla base dei dati Cinetel, mai così impietosi come quest’anno.

Il cinema italiano nel 2017 ha incassato 89 milioni di euro in meno rispetto al 2016 e ridotto i biglietti venduti di quasi 14 milioni (13.3 milioni). Ma ancora una volta, di fronte alla crisi, la colpa sembra essere “solo” di Checco Zalone. Meglio, di Checco Zalone che non c’è.

Il suo Quo Vado nel 2016, infatti, ha incassato la cifra record di oltre 65 milioni di euro, pari al 34% del box office e del 31% delle presenze, a cui ha dato manforte anche il fortunatissimo Perfetti sconosciuti di Paolo Genovese coi suoi oltre 17 milioni d’incasso. Nel 2017, invece, soltanto due produzioni nazionali hanno superato i 10 milioni al botteghino: L’ora legale di Ficarra e Picone (10 milioni e trecentomila euro) e Mister Felicità di Alessandro Siani (10 milioni e duecentomila euro).

Unica nota positiva per l’anno appena trascorso sono i cosiddetti contenuti complementari (eventi, edizioni speciali, ri-edizioni, edizioni restaurate), che hanno registrato un aumento del 30,7% degli incassi e del 32,6% delle presenze.

Nel tentativo di spiegare la grande crisi, sul banco degli imputati sono stati messi ancora una volta le nuove piattaforme Internet (Netflix, Sky, TimVision), che hanno portato a un vero e proprio “mutamento antropologico” – parole di Francesco Rutelli, presidente Anica, affiancato nell’incontro dagli altri rappresentanti del gotha istituzionale del nostro cinema (distribuzione, produzione e Mibact) – la “pirateria”, e il “solito” calo di affluenza dei mesi estivi, “tradizione” tutta italiana, sembra, poiché in Spagna, per esempio, agosto è il mese più affollato in sala.

Leggendo tra i numeri il genere preferito resta ancora una volta la commedia (lo confermano gli incassi dei film di Ficarra e Picone e Siani), anche se dati recenti indicano una certa stachezza del pubblico soprattutto per quelle “fotocopia”, su cui però continuano a puntare produttori e distributori italiani. Come se fosse l’unica via praticabile del nostro cinema. Con buona pace per quello d’autore e indipendente a cui, ben presto, con la nuova legge Franceschini arriverà la mazzata definitiva, rivolta com’è a favorire mercato e industria, riducendo all’osso le risorse per quello indipendente.

Ma tant’è. Rutelli & Co, assicurano – ed è l’unica risposta che danno – che sarà proprio la nuova normativa a portare i cambiamenti sperati. “Aspettiamo le mirabolanti novità della legge Franceschini” concordano.

“Non c’è nessuna forma d’arte come il cinema per colpire la coscienza, scuotere le emozioni e raggiungere le stanze segrete dell’anima”, diceva Bergman. Sarà per questo che stiamo assistendo al suo annientamento?