L’insegnante e l’usuraio

In sala dal 17 marzo “The lesson, scuola di vita” potente esordio dei bulgari Kristina Grozeva e Petar Valchanov. Storia di una professoressa dai granitici principi morali che si troverà a rivedere le sue convinzioni in tema di onestà e rispetto delle regole…

THE LESSON - Still 6

Se il film The lesson, scuola di vita avrà il successo che merita, forse contribuirà come nessun’altra forma di espressione a superare i luoghi comuni sulla Bulgaria più duri a morire, che vanno dalle maggioranze bulgare all’identificazione di quel paese con tutto ciò di palloso, istituzionale, granitico, polveroso e brezneviano esiste nel mondo.
The lesson scuola di vita, opera d’esordio dei registi Kristina Grozeva e Petar Valchanov (I Wonder Pictures distribuzione), non è affatto palloso. Anzi. I due registi si erano già fatti conoscere in Europa con un cortometraggio del 2012, Jump, che aveva avuto una nomination all’European Film Awards del 2013 e una serie di altri riconoscimenti nazionali e internazionali.

In questo caso, però, siamo nel “cinema-cinema”, con un film che non ha nulla da invidiare ai grandi modelli del cinema americano – senza dubbio i due registi avranno assimilato la lezione di James Clavell (La scuola della violenza, 1966, con Sidney Poitiers) – e del cinema europeo. Ad esempio non sfuggirà ai più attenti osservatori un modo di usare la telecamera, “con stile contemplativo” come affermano gli stessi registi, che vanta illustri precedenti, soprattutto nel cinema francese. Ma anche quella telecamera in movimento dietro la testa della protagonista, che abbiamo visto nel recente Il figlio di Saul (guarda caso di un regista ungherese, per quanto l’Ungheria possa vantare un palmarès più ricco nella storia del cinema), riescono a dare un tocco di realismo e una tensione emotiva quanto mai opportuni, trattandosi di una vicenda ambientata in gran parte in un’aula scolastica e con scolari che ovviamente non sono attori professionisti.
La vicenda di una professoressa di inglese – una grande Margita Gosheva, che cresce in sensualità da inquadratura a inquadratura – in un’anonima provincia della Bulgaria, che cerca di imporre criteri di disciplina e onestà nella sua classe ma poi è costretta lei stessa a venire meno ai suoi principi, non è tanto importante per questo aspetto legato, per così dire, alla lezione morale. Il suo precipitare nella degradazione dei rapporti umani, quello col padre in particolare, e nella spirale dei ricatti e dell’usura, il suo confrontarsi con le assurdità di un sistema inumano e intrinsecamente violento – la polizia corrotta, le banche che applicano tassi a piacere e confiscano case per scadenze non rispettate (argomento più che mai attuale in Italia) o per pochi lev di debito non pagato (il lev è la moneta della Bulgaria) – ne fanno un personaggio di statura universale.

Tanto da richiamare alla mente un precedente addirittura biblico come Giobbe, stoico di fronte alle avversità ma deciso a salvare la propria vita e gli affetti più cari. E poi, in questo caso, la vera lezione del film non è tanto quella che si svolge nell’aula scolastica, ma è quella che rinvia alla natura dei rapporti umani e ai vizi profondi delle società del XXI secolo. Una lezione che non riguarda solo la Bulgaria.