Addio Romero, un uomo tranquillo che metteva paura

Se n’è andato a 77 anni George A. Romero, il padre dell’horror americano che, con “La notte dei morti viventi”, nel Sessantotto, ha ridisegnato i canoni del genere. Ai Cahiers du Cinéma che definivano il suo film “un’allegoria dei turbamenti dell’America lacerata dalla guerra del Vietnam”, lui rispondeva ironico: “Non volevamo fare niente più che un filmetto commerciale… “

George A. Romero è morto nel sonno la notte di domenica 16 luglio dopo “una breve battaglia con una forma aggressiva di cancro ai polmoni” nella sua casa di Toronto (Canada). Ne ha dato l’annuncio Peter Grunwald, amico di famiglia e produttore di gran parte dei suoi film. Accanto a Romero moglie e figlia, e nell’aria le note della colonna sonora di uno dei suoi film preferiti: Un uomo tranquillo di John Ford.

Appassionato di cinema sin da bambino e con l’esperienza di qualche corto autorpodotto e qualche regia televisiva, a 28 anni, nel 1968, Romero si mette alla ricerca di finanziamenti per un lungometraggio horror dal titolo provvisorio Night of the Flesh Eaters.

È una sceneggiatura apocalittica, che raccoglie e reinterpreta le suggestioni di uno dei romanzi che maggiormente lo ha influenzato: I am a Legend di Richard Matheson; raccoglie a fatica una cifra davvero bassa per produrre perfino un b-movie ma nulla gli impedisce di girare e di far circolare in sala quello che diventerà un culto mondiale: Night of the Living Dead (totolo definitivo), in italiano La notte dei morti viventi.

Eppure all’inizio i critici non hanno parole gentili per il film. Variety lo definisce “un’orgia ininterrotta di sadismo”, ma le sale si riempiono oltre ogni previsione, il film resta in programmazione per giorni e giorni e molti gestori di drive-in si devono scusare pubblicamente sui giornali perché non riescono a far entrare tutti.

Il film è quindi un notevole successo e oltreoceano qualcuno ci ragiona sopra. Se infatti i critici americani dopo averlo visto prendono gli antiemetici, un paio di anni dopo l’uscita l’autorevole Cahiers du Cinéma trova in La notte dei morti viventi “la cifra allegorica dei turbamenti dell’America lacerata dalla guerra del Vietnam, dalla sempre più evidente disumanizzazione indotta dalla massificazione del consumismo, dagli scontri razziali”.

Se è vero, probabilmente, che nel film ci sono elementi che interpretano i turbamenti del pubblico americano riguardo alle tensioni del momento, non ci sembra però che quella fosse l’intenzione consapevole di Romero.

Infatti con molta onestà intellettuale qualche anno dopo lui stesso: “Per la verità con volevamo fare niente più che un filmetto commerciale, esagerare con la violenza, ma una critica alla crisi sociale degli anni ’60? No, quello fu un caso. E invece, un paio d’ anni dopo la sua uscita un articolo sulla rivista francese Cahiers du Cinéma lo definì un film fondamentale in quanto esempio di cinema radicale, una reazione all’intervento militare Usa in Vietnam. Mi sono scoperto autore socialmente impegnato e ci ho provato gusto.”

Romero spiega ancora meglio la cosa in un’altra dichiarazione:”Era il 1968, fratello. Tutti avevano un “Messaggio”. La rabbia, gli atteggiamenti e tutto il resto presenti nel film c’erano perché eravamo negli anni ’60.”

Forse Romero non scherza quando dice di “averci preso gusto” e forse in La notte dei morti viventi e nelle altre sue pellicole ci sono effettivamente messaggi ed allegorie; tuttavia, se i significati simbolici più o meno consapevoli sono materia controversa molto più nitido e importante è il contributo di Romero ad una radicale modificazione della narrazione cinematografica dell’ Horror.

Romero, infatti, al di là di ogni loro possibile chiosatura allegorico-politica, definisce degli elementi non del tutto usuali per la tradizione Horror precedente che saranno fondamento della tradizione successiva: una forte graficità delle scene di violenza, che si muove comunque in un generale aumento del livello del “gore” in atto in ogni genere cinematografico di quegli anni (anche se la violenza di Romero è nel 1968 certamente ben lontana dalla compiaciuta exploitation profusa da Ralph Nelson nel suo Soldato Blu di solo due anni più tardi); la non necessità del lieto fine; la presenza dell'”uomo comune” come protagonista, nel caso di La notte dei morti viventi, uomo di colore, scelto non per motivi ideologici ma perché “Fu quello che recitò meglio ai provini.”
E gli zombie stessi…

Zombie nel cinema ce n’erano stati, e tra tutti i più famosi erano quelli evocati da Jacques Tourneur nel film I Walked with a Zombie (1943) in cui i morti tornano a vivere secondo la tradizionale leggenda haitiana.

Romero, mettendo mano a La notte dei morti viventi ha presente il film di Tourneur ma come esempio da cui distaccarsi; dice infatti: “[Gli Zombie di Tourneur] erano schiettamente caraibici e tutto aveva a che fare con il Woodoo. In realtà io non chiamai mai i nostri morti viventi “Zombie”. Vennero descritti così sui Cahiers du Cinéma. “Sono Zombie” dissero. Davvero. In origine noi avevamo in mente l’idea del Ghoul. L’Universal aveva fatto qualche film sui Ghoul ed erano quelli che avevamo in mente. Con l’aggiunta di qualche nuova regola e di qualche potere. Una delle prime idee che ci vennero fu quella che per ucciderli bisognava sparargli in testa.” E, aggiungiamo per completezza, l’idea più forte: che il non morto divoratore di uomini non sia prodotto da forze sovrannaturali ma da un agente patogeno.

Ai critici francesi si unirono ben presto i fan e lo stesso Romero chiamò le sue creature “Zombie” già nel secondo film Dawn of the Dead (il secondo della trilogia che segna la collaborazione con Dario Argento, suo amico e anche produttore). Oggi ben pochi a sentire parlare di Zombie pensano al Woodoo. E questo è un altro indizio del potente influsso di Romero sull’immaginario moderno dell’orrore.

E il Nostro ormai compianto, lo sapeva bene, stando a quanto ha dichiarato in un’intervista a wired.com di qualche anno fa, con la solita ironia: “Ho solo tolto la roba woodoo misteriosa dagli zombie e li ho trasformati nei nostri vicini di casa. E i vicini di casa fanno già paura da vivi.”