Arriva in libreria “Totalmente Totò”. A prescindere

Tra le tante iniziative per il cinquantennale della scomparsa di Antonio de Curtis, in arte Totò, avvenuta il 15 aprile 1967, anche il bel libro di Alberto Anile, “Totalmente Totò. Vita e opere di un comico assoluto” (Cineteca di Bologna Edizioni). Un viaggio solare nella labirintica vita del grande, umano, assurdo e dolce Totò, alla ricerca dell’insondabile (ma forse poi proprio “introvabile”) anima dell’artista…

Franca Faldini e Totò

“L’assurdo Totò / l’umano Totò / il matto Totò / il dolce Totò…” canta a squarciagola Domenico Modugno sui titoli di testa di Uccellacci e Uccellini, vergati con gioia e manifesto affetto da Pier Paolo Pasolini.

Alberto Anile con altrettanta invitante solarità ci conduce per mano proprio nella labirintica vita del grande, umano, assurdo e dolce Totò, alla ricerca dell’insondabile (ma forse poi proprio “introvabile”) anima dell’artista. Lo fa con la maestria cui ci ha abituato nelle sue altre biografie (Orson Welles in Italia; il genio hollywoodiano, tra l’altro proprio con Totò in uno strano film pirandelliano L’uomo, la bestia e la virtù, 1953, diretto da Steno), ed ancora una volta in punta di piedi, con Totalmente Totò. Vita e opere di un comico assoluto (Edizioni della Cineteca di Bologna).

Pazienza e sensibilità sono il segreto del suo lavoro; un lavoro da appassionato, da ricercatore e studioso finissimo, attento, che ha in più la capacità, senza la febbre dello scoop ma con aneddoti poco noti e retroscena, di far divenire clamorosamente palpitanti le storie di cui narra; e non solo ai tanti “addetti ai lavori” ma proprio a tutti.

Quella di Totò è, per usare giusto le parole di Anile: “una biografia artistica in cui vita e opere s’illuminano a vicenda, raccontando la storia dell’uomo e provando a spiegare il miracolo di un comico assoluto”. In Totò, semmai, sempre secondo le riflessioni di Anile, la vita vera, almeno quella raccontata, è addirittura “adattata” a quella del palcoscenico, inventata talvolta dallo stesso Totò, comunque resa attraente, in grado di restituire maggior fascino al personaggio; da qui, una serie di interviste, dichiarazioni, artefatte con bonomia, “romanzate” ( “Vado soggetto ad amnistie cerebrali”, dice in Totò cerca moglie, 1950), parte dunque, nella loro stessa stratificata finzione, di un progetto narrativo biografico ancor più complesso.

Il racconto della funambolica “vita vera” di Totò/Antonio parte con certezza dalla stradina di Napoli, via Santa Maria Antesaecula, quartiere Sanità, dove nasce, figlio di NN, e dove comincia al più presto ad esibirsi, quasi spontaneamente, davanti a familiari, davanti ai passanti: a Napoli il teatro è di casa già in strada. La recitazione anche.

Ecco allora le “periodiche” recite fatte addirittura nei “bassi”, con Antonio che, come preso da un fuoco pirotecnico, comincia già da adolescente a contorcersi, emulo di Gustavo De Marco e già futurista a modo suo, senza nemmeno sospettarlo, marionetta senza anima, quasi ispirata alle teorie teatrali di Edward Gordon Craig della “supermarionetta”, con altrettanta inconsapevolezza.

L’indispensabile conoscenza con gli altri della audace “chiorma” del teatro partenopeo, ossia Eduardo e Peppino De Filippo, del musicista Cesarino Bixio, lo conduce ai primi passi sui palcoscenici di Napoli, il Trianon e gli altri, e quelli della provincia. Ancora giovanissimo Totò riscuote un successo clamoroso: gli spettatori gli lanciano, per approvazione, monete sul palco. Cominciano le stagioni degli amori, sempre più avvincenti. E comincia anche la ricerca, che durerà tutta la vita, delle nobili origini che lo riscattino dalla povertà dell’anonimato.

La carriera va a gonfie vele: assistiamo all’arrivo nei teatri romani e nazionali già nel 1920, a soli 22 anni. Ed arriva il grande successo, non disgiunto dalle conoscenze fondamentali con Macario, con Michele Galdieri. Poi il matrimonio e la proverbiale, smodata gelosia. Poi ancora l’approdo al mondo magico ed ignoto del cinema, che comincia per Totò il 3 agosto 1936 agli stabilimenti della Safa Paladino e durerà per 97 film (100, allargando qualche “parametro”), con successi stratosferici, soprattutto negli anni ’50.

Inizia coi film con delle opere davvero atipiche: Fermo con le mani ed Animali pazzi, Gero Zambuto e Bragaglia, pellicole in cui si sente forte il peso e l’imitazione nei confronti di Charlot e dei fratelli Marx. Ma è piuttosto il tempo a stabilire il vero e proprio “peso” di Totò:  “con i primi film a colori degli anni Cinquanta la maschera di Totò può dirsi ormai formata, matura, definitiva” (Anile); e “traslocata”, caso davvero unico, dal teatro al cinema. Dalle locandine dei teatri ai cartelloni dei film, rimane comunque il suo nome a campeggiare.

All’opposto di quanto successo agli esordi ora: “Totò fa ridere, non perché distrae ma perché al contrario ricorda i guai, le brutture, i problemi” (Anile). È sempre nel vivo della contemporaneità, della società, anche con gli strepitosi film in coppia con Fabrizi, Peppino o Taranto, le sue “spalle” d’eccezione.

L’amore con Franca Faldini (nelle foto), recentemente scomparsa, attrice ai primi passi, di 33 anni più giovane di lui, della quale s’invaghisce perché la vede sulla copertina di un settimanale, sembra più che altro l’opera di un press agent in cerca di notorietà per i suoi rappresentati, ma sfida invece il tempo, le convenzioni, le condanne sociali per concubinaggio.

Sarà la Faldini, con Goffredo Fofi, a ridare a Totò il posto degno che gli spetta nella Storia del nostro Grande Cinema. A questo “recupero” non furono estranei, anzi ebbero ruolo fondamentale, Rossellini con Dov’è la libertà e, soprattutto, proprio Pasolini, imprevedibilmente affascinato, come capita di leggere nei suoi scritti, dagli attori comici (Chaplin, Tatì, ma anche Franco e Ciccio); e tra questi nemmeno a dirlo dal “Principe” Totò cui diede modo di avere una giusta ribalta guadagnandogli finalmente la considerazione della critica paludata e dei festival con Uccellacci e uccellini, con La terra vista dalla luna, con Che cosa sono le nuvole?.

Rovesciando il senso della sua celebre battuta, per Totò “non è la somma che fa il totale”: per arrivare al vero Totò, insomma, non basta mettere insieme tutto il Totò che conosciamo. C’è sicuramente di più, il non detto e il non scritto, i pezzi mancanti della biografia che Alberto Anile illumina, lasciando intravvedere la certezza di un percorso interpretativo dell’attore Totò come Comico totale. Non tutto Totò, ma il Totò totale, ossia il conoscibile.

Dopo averlo bistrattato e nel tempo doverosamente rivalutato, il nostro Paese si sta ora, nei giorni del 50° della morte del grande attore napoletano, riscoprendo finalmente e senza remore “totoista”. Libri, mostre (una importantissima, ovviamente a Napoli, al Palazzo Reale, “Totò Genio” che sarà inaugurata il 12 aprile), approfondimenti giornalistici, servizi televisivi stanno ora lì a ricordarci la grandezza di Totò. E a farci perdonare il tempo che abbiamo impiegato a riconoscerla.