Aspettando quel padre lontano. Un felice esordio (al cinema) nato tra gli albanesi d’Italia

In sala dal 13 novembre (per Videa) “La Festa del ritorno” opera prima di Lorenzo Adorisio, dall’omonimo romanzo di Carmine Abate (Mondadori). Sono di etnia arbëreshë (albanesi d’Italia) sia il padre del regista che lo scrittore di questo libro che racconta lo strazio di chi deve lasciare la sua terra per mantenere la famiglia e tentare di offrire una vita diversa ai propri figli. E soprattutto il dolore delle creature che lascia. Un felice esordio dal buon respiro antico. Una coproduzione italo-francese …

Ha un buon respiro antico il film d’esordio di Lorenzo Adorisio, di professione direttore della fotografia, che una buona partenza nella regia se l’è già presa nel 2004 con Chora – mediometraggio molto apprezzato in Italia, selezionato poi ai Festival di Brest e Clermont – Ferrand – che racconta la storia, in parte autobiografica, di un ragazzino benestante romano portato per la prima volta dalla sua famiglia in quel paese sperduto della Calabria crotonese dov’era nato suo padre.

E ha 12 anni come lui, anche il protagonista de La Festa del ritorno, il film che Adorisio ha tratto dal romanzo chiaramente autobiografico, che Carmine Abate ha scritto e pubblicato (Mondadori, Premio Selezione Campiello e Premio Napoli) lo stesso anno in cui usciva il suo Chora.

Film che di certo non potrebbe uscire nelle sale in un momento più azzeccato di questo: quello del più improbabile accordo che si potesse immaginare, tra la nostra Presidente del Consiglio e l’Albania, con l’intenzione di piazzare lì un pacchetto, possibilmente corposo, di migranti, saldando in qualche modo il conto di quelli provenienti da lì, ospitati in prevalenza nel Sud del nostro Paese dal ‘500 al ‘700 e in epoca, diciamo più recente, negli anni ’90, quando l’Italia era, citando Gianni Amelio, vista come Lamerica.

Sono per altro di etnia arbëreshë (albanesi d’Italia) sia il padre del regista che lo scrittore di questo libro che racconta lo strazio di chi deve lasciare la sua terra per mantenere la famiglia e tentare di offrire una vita diversa ai propri figli. E soprattutto il dolore delle creature che lascia.

Storia di emigrazione dunque. In questo caso dal Sud nei primi anni Sessanta quando l’Italia del Nord si apriva al Boom e a Milano la gente guardava con stupore in Piazza Sant’ Ambrogio uomini tristi radunati lì in attesa di altrove con valige di cartone.

Seguendo il filo delle citazioni di Amelio, anche lui figlio calabrese di un migrante, “colpisce al cuore” l’ansiosa attesa di Marco che c’introduce così nella sua storia: “mio padre era un dolore cronico, una spina invisibile che ogni tanto mi punzecchiava il cervello”.

Poi il suo arrivo improvviso, spesso per tempi troppo brevi, portava festa, come fosse natalizia, in casa. Col padre come vero dono per lui e quel suo mondo accudente, ma solo femminile, che lo circondava in quell’età inquietante di passaggio all’età adulta che è l’adolescenza.

Passaggio che gli eventi di famiglia, in attesa del padre lontano, costringeranno ad accelerare brutalmente.
Una Natura splendida potente, incontaminata apre abita e chiude il racconto de La festa del ritorno del tutto esente da Ndrangheta, da tracce di quello scempio edilizio che il dopoguerra ha portato alla costa calabrese e in ogni parte d’Italia, ma esente anche dal clima oppressivo e invasivo di certa cultura familiare che non si può sostenere non abbia incrementato la fuga al Centro o Nord d’Italia dei giovani che hanno studiato grazie al sacrificio dei loro padri emigrati.

Per questo scrivo che è un film di buon respiro antico. Una pausa tra orrori di ogni genere con buoni interpreti (Alessio Praticò, Carlo Gallo, Anna Maria De Luca, Annalisa Insardà, Federica Sottile) attori quasi esclusivamente calabresi, a cominciare dal giovane protagonista (Daniele Procopio) e dalla sua fida Spertina, candida compagna, che, con la sua splendida interpretazione naturale, smentisce definitivamente il negativo uso che della sua razza si fa per definire chi non sa recitare.