Bimbi soldato, la bomba Fukunaga esplode a Venezia
Violenza esplicita, frontale, ai limiti del pornografico. È “Bestie senza una patria” del papà della serie culto “True Detective”, tratto dall’omonimo bestseller del nigeriano Uzodinma Iweala. Col celebre rapper Idris Elba nei panni del cattivissimo, produce Netflix, il colosso dello streaming in arrivo anche nei nostri salotti…
L’effetto è quello di un corto circuito. Quel bimbo sulla spiaggia – è sui media di tutto il mondo – che sembra dormire e invece è vittima dell’ennesima guerra dimenticata. Dell’ennesimo massacro a cui la fortezza Europa risponde con muri e scaricabarile. E quei bimbi soldato, killer spietati loro malgrado, che oggi hanno “assalito” il festival di Venezia, protagonisti di Bestie senza una patria, il primo film sceso in concorso, firmato da uno dei registi Usa più acclamati del momento: Cary Joji Fukunaga, papà della serie tv, True Detective, che si è ispirato all’omonimo bestseller del nigeriano Uzodinma Iweala. Che a sua volta si è ispirato alla realtà del suo paese, del suo continente, l’Africa, attraversata dalle infinite guerre tribali, che oggi per semplicità chiamiamo Isis, garantite dagli interessi economici del mondo globalizzato.
Figlio dell’intellighentia nigeriana – suo papà è stato Ministro delle finanze – Uzodinma Iweala, dopo gli studi ad Harward ha scelto di lavorare nei centri di riabilitazione dei bimbi soldato, dove ha potuto conoscere da vicino, anzi vicinissimo, le infanzie cancellate dei piccolissimi ospiti. Storie di violenze inaudite, soprattutto ai nostri occhi occidentali, che ha volutamente narrato con stile “sporco”, crudo e diretto. Da cui Fukunaga è partito accentuandone il realismo e spettacolarizzando la violenza fino all’estremo tollerabile.
La storia, come nel libro è quella di Agu, bimbo africano circondato dall’affetto di una famiglia unita e timorata di Dio, lo stesso Cristo delle nostre parti, ma che lì pregano con più passione cantando e ballando.
Agu non conosce neanche l’estrema povertà cui siamo abituati quando il cinema racconta l’ Africa: vive in una cittadina, in una casa in muratura, sa leggere e scrivere, ha mamma e papà e “fratellone” estremamente amorevoli, che si occupano di lui. Il territorio dove vive è una zona cuscinetto tra le truppe ribelli e quelle governative del dittatore di turno. Per questo la guerra lì ancora non è arrivata. Ma basta un attimo perché la situazione cambi. Quando i militari fanno irruzione nella cittadina, infatti, va in scena l’inferno. Letteralmente. La famiglia di Agu è sterminata a sangue freddo e il ragazzino si salva scappando nella boscaglia.
E da qui comincia un altro film, in pieno stile pulp. Agu, catturato dai ribelli viene sottoposto ad una spietata educazione criminale. Il primo omicidio di un ragazzo implorante a cui spacca la testa col machete, l’uso di pistole e fucile, pestaggi a mani nude dei più deboli, la coca tagliata con la polvere da sparo (Brown-brown). E tutto sotto l’attenta direzione del “comandante”, il capo branco, il padre padrone di questa banda di “bestie senza patria” col volto glamour del popolare rapper Idris Elba che, a tempo perso, abusa sessualmente dei suoi piccoli soldati. Unica violenza, però, che non viene esplicitata, a differenze di tutte le altre a cui assistiamo nel dettaglio. Compreso quando si tratta di ferite sanguinanti delle povere vittime dei killer in erba.
La carica di denuncia di Bestie senza una patria, dunque, è fortissima, per carità. Ma con un tale gusto per la violenza frontale che sfiora la pornografia. Buona però per la dirompente operazione commerciale che rappresenta il film, prodotto da Netflix il colosso dello streaming che tra poco invaderà anche le nostre serate casalinghe.
Gabriella Gallozzi
Giornalista e critica cinematografica. Fondatrice e direttrice di Bookciak Magazine e del premio Bookciak, Azione!. E prima, per 26 anni, a l'Unità.
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