“Capital”, la commedia umana ai tempi della crisi
Si conclude martedì 14 febbraio con la quarta e ultima puntata – su LaEffe – la mini serie “Capital – Mistero a Pepys Road “, un gioiello della Bbc tratto dall’omonimo bestseller di John Lanchester. Un micro/macro cosmo londinese in cui l’evoluzione urbana e sociale si scontra con l’involuzione incivile che cova sotto le ceneri di passati mai sopiti…
“We want what you have” è la parola d’ordine che da qualche tempo vige nell’apparente pacifica, serena, borghese Pepys road, zona South London, popolata da eterogenee genti.
Dalla vecchia signora che è lì da una vita, al broker con pochi scrupoli, dai laboriosi pakistani alla rifugiata politica dall’Africa… Ognuno con una sua storia ben precisa, con delle origini più o meno dolorose, con un futuro nebuloso e ancora tutto da scrivere.
Persone che vivono in una Londra che cambia rapidamente, in ogni direzione. Una Londra che è cifra del cambiamento urbano e sociale delle città occidentali, ma anche delle città in genere. Dell’evoluzione urbana e sociale che si scontra con l’involuzione incivile che cova sotto le ceneri di passati mai sopiti. E quel “Vogliamo ciò che avete” si risveglia prepotente in tutti, accomunati dal terrore della vita, di vivere un futuro incerto. La paura che aggredisce le anime senza sapere come fronteggiarla… La paura dell’uomo urbano verso ciò che non conosce…
Disturbante, distonico, glacialmente adrenalinico, Capital – Mistero a Pepys Road, dall’omonimo bestseler di John Lanchester (pubblicato da Mondadori nel 2012), che viene dalla “perfida Albione” si differenzia da ogni altro film o miniserie tv (anche cinematografico) per quel suo incedere lento, ripetitivo, ossessionante nel montaggio, mai banale ma sempre con un suo segnale preciso: la diversità ci accomuna tutti.
Tre puntate diverse tra loro. La prima, inevitabilmente introduttiva, dai tempi lunghissimi con precise punteggiature sulle caratteristiche principali; la seconda, dove avviene il fattaccio, i fattacci, frenetica e senza freni inibitori, dove condanna tutto e tutti; la terza, e conclusiva, ricca di riflessioni sociali e umane dove il tempo cinematografico è in sospensione, dove ciò che accade oggi è privo di temporalità.
Tre scansioni nette da un punto di vista del plot come nelle intenzioni, di un mondo del presente e del futuro ma profondamente arcaico e cieco nella sua visione delle anime altrui. Un micro/macro cosmo dove ciò che avviene è solo un piccolo punto in attesa di aver una sua definizione nel grande e farsesco disegno della vita.
Noi siamo homo erectus, noi siamo homo sapiens, noi non siamo umani, però. Siamo piccole formiche che si agitano in un mare di cemento e luci, di asfalto e suoni, senza sapere cosa siamo realmente.
Capital – Mistero a Pepys Road è un gioiello della disamina cinematografica, televisiva e umana. Un prodotto straordinario. Un’eccellenza che da noi italiani è approdata (su LaEffe, martedì 14 febbraio l’ultima puntata alle 21.10) con oltre un anno di ritardo dalla sua messa in onda in Inghilterra. Ma come avrebbe detto il maestro Manzi, “non è mai troppo tardi”.
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