Carofiglio: “Vi presento il Premio Zavattini, un serbatoio di moralità”

“Mi piacciono le istituzioni che conservano la memoria in modo vivo”. Gianrico Carofiglio, magistrato e scrittore di fama internazionale, è il testimone della seconda edizione del Premio Zavattini dedicato al “riuso creativo” dei materiali di repertorio. In tempi di fake news e manipolazioni, dice: “gli archivi diventano serbatoi di moralità”. La presentazione giovedì 23 marzo a Roma con la proiezione di “No. I giorni dell’arcobaleno” di Pablo Larrain…

“Mi piace  che nelle arti non si butti via nulla. Mi piacciono gli impossessamenti, mi piacciono le fusioni, le mescolanze inattese. Picasso diceva che gli artisti mediocri copiano, i grandi artisti rubano”. Gianrico Carofiglio spiega così la filosofia del Premio Zavattini (leggi bando), a cui quest’anno farà da “testimone consapevole”, perché gli piacciono i “criteri trasparenti”,  “le persone che ci sono dietro” e, soprattutto, queste “istituzioni che conservano la memoria in modo vivo”.

In un nome: l’Archivio Audiovisivo del movimento operaio e democratico (Aamod) che, dallo scorso anno, ha lanciato questo innovativo concorso-laboratorio, per incentivare la conoscenza e il riuso creativo del materiale d’archivio, per rimettere in circolo il repertorio, per far ripartire l’ingranaggio collettivo della memoria.

Come del resto aveva immaginato lo stesso Cesare Zavattini che nel 1979 ha fondato, diretto e curato l’Aamod proprio con l’idea di ridare vita ai materiali, per “entrare nella dialettica odierna delle lotte democratiche, di contribuire a creare una informazione più libera fin dalla sua radice”.

Idee belle, appunto. E soprattutto “familiari” nel caso di Gianrico Carofiglio abituato a tenere insieme, nel suo archivio personale, l’esperienza del magistrato, della lotta alla mafia, l’impegno politico (senatore Pd), quello di studioso dei linguaggi e, soprattutto, lo scrittore di fama internazionale, a cui l’ha consacrato l’avvocato Guerrieri, nato nel 2002 come Testimone inconsapevole (è il primo romanzo per Sellerio) di un successo inatteso, ma dirompente, che l’avrebbe portato anche sul piccolo schermo, con due film tv per Canale 5. Primo contatto di Carofiglio con le trasposizioni dei suoi libri, proseguite con Il passato è una terra straniera, portato al cinema da Daniele Vicari e ancora La doppia vita di Natalia Blum, sempre per la televisione, con la regia di Anna Negri e la sceneggiatura scritta a quattro mani dallo stesso autore con Silvia Napolitano.

La presentazione del Premio Zavattini, giovedì 23 marzo, (ore 20.30, Casa del Cinema di Roma) sarà accompagnta dalla proiezione di un film esemplare in fatto di “riuso dei materiali d’archivio”. Ossia No, i giorni dell’arcobaleno, in cui il grande regista cileno Pablo Larrain – usando il repertorio – racconta lo storico referendum del 1988 che segnò la fine del regime di Pinochet.

Una riflessione d’autore sul potere dei media e dei suoi linguaggi applicati alla politica, di cui in Italia vent’anni di berlusconismo e non solo, hanno lasciato profonde cicatrici. “Nel Cile dell’88 – prosegue Carofiglio – aver scelto l’allegro  sberleffo della pubblicità per vincere il fascismo, ha avuto un suo valore dirompente. L’allegria contro la puzza di cimitero, contro l’eco sinistra delle camere di tortura in un paese dove la democrazia era stata abolita”.

Diverso, invece, mette in guardia lo scrittore, “è l’idea che il politico possa  o addirittura debba parlare la lingua della pubblicità. La comunicazione politica deve trasferire valori, proporre una visione del mondo, non parlare come se dovesse vendere fustini di detersivo. Ma purtroppo in questi ultimi anni è un errore che la nostra politica ha fatto e continua a fare. Pd compreso”.

Sul versante giornalistico, poi, aggiunge Carofiglio, “siamo di fronte ad una spirale non virtuosa in cui si scambiano le chiacchiere per contenuti. Soprattutto quelle dei politici, sulle quali mi augurerei una moratoria: sarebbe un buon passo in direzione di giornalismo più  consapevole, più capace di distinguere i fatti dalle opinioni. Più etico, in definitiva “.

Del resto siamo in tempi di fake news e manipolazioni di ogni sorta. “Tanto più per questo – dice lo scrittore – gli archivi assumono un ruolo sempre più importante, diventando dei serbatoi di moralità”.

Ben venuta quindi la nuova edizione del Premio Zavattini da cui Gianrico Carofiglio si aspetta dei video evocativi di “un’epoca a cui è appartenuta anche la mia storia di formazione personale. Opere che mettano in contatto le storie individuali e la grande storia collettiva”. Un po’ come ha narrato nel suo romanzo Il bordo vertiginoso delle cose, in cui la memoria che corre agli anni Settanta è raccontata nel suo booktrailer (clicca qui) attraverso il repertorio dei drammatici scontri tra celere e manifestanti, seguiti all’omicidio di Benedetto Petrone, giovane operaio di Bari, assassinato dai fascisti nel novembre del ’77. Un pezzo di storia fra i tanti che si rimette in circolo. Perché la memoria è un ingranaggio collettivo.