Il vecchio Clint col suo “Sully” fa centro un’altra volta

In sala dal primo dicembre il film di Clint Eastwood che ha aperto la kermesse torinese: “Sully”, tratto dal memoriale del pilota Chesley Sullemberger che portò in salvo 155 passeggeri, compiendo un atterraggio d’emergenza sul fiume Hudson. Con il suo “eroe qualunque” depositario delle “semplici virtù americane” Clint traccia l’identikit del suo candidato ideale alla Casa Bianca…

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Sully, trentaquattresimo film di Clint Eastwood, è un manifesto politico. Molto bello, molto asciutto, emozionante, con un Tom Hanks da Oscar. Un film ardentemente repubblicano e nobilmente di destra.

Dura 95 minuti, pochissimi per gli standard di questo splendido 86enne. Uscito negli Usa a settembre, è stato il personale viatico del “cavaliere pallido” al trionfo di Trump.

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Eastwood è stato tra le poche star a difendere anche la “scorrettezza politica”del miliardario “perché almeno ha coraggio, è uno tosto”. Durante la campagna elettorale si è astenuto da nuove, infelici “interviste alla sedia vuota”, così spernacchiate ai tempi di Obama. Si è esposto solo con una intervista a Esquire. Ma questo film, in anteprima italiana al Torino Film Festival, vale più di un endorsement.

Sully  è il capitano Chesley “Sully” Sullemberger, protagonista il 15 gennaio 2009 di uno spettacolare ammaraggio d’emergenza nelle acque gelide del fiume di New York. Una tragedia mancata, un evento passato alla storia come “il miracolo dell’Hudson”. Due minuti dopo il decollo da La Guardia, il volo 1549 subisce un “bird strike”, uno stormo di uccelli mette ko entrambi i motori.

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