Douglas Kirkland, l’uomo che inventò Marilyn tra le lenzuola

Al MAXXI di Roma fino al 5 novembre, “Douglas Kirkland – Fermo Immagine”, mostra dedicata ai più celebri scatti del fotografo dei divi. Da Audrey Hepburn a Coco Chanel, da Paul Newman a Jack Nicholson, Liz Taylor, Brigitte Bardot, Nicole Kidman, passando per le storiche foto di Marilyn Monroe tra le lenzuola…

Il MAXXI si accende di autentico e patinato glamour mentre ci spalanca le porte della città dei sogni, presidiata dai volti celebri (quasi familiari !) dei tanti attori riconosciuti ambasciatori del cinema.

“Ideali inimitabili e al tempo stesso modelli imitabili”, così sintetizzava il suo pensiero sulle “star” cinematografiche Edgar Morin. Il “divismo” nasce indubbiamente proprio nelle braccia del cinema, poi si trasforma; ma senza cinema, senza le Greta Garbo, le Marlene Dietrich, gli Humphrey Borgart, etc etc – e senza le macchine produttive che li crearono; macchine che dagli attori stessi prendevano sostentamento- , probabilmente il divismo non sarebbe apparso al mondo, almeno così come lo conosciamo.

In questo solco impetuoso, fatto di impossibile voglia imitativa e da sconfinata ammirazione da parte di folle immense per delle umane divinità, un “marchio di fabbrica” incredibilmente immutato e riconoscibile ci ha accompagnati nel corso dei lunghi 6 decenni della sua attività. Dagli anni ’60 in poi. Parliamo degli anni della duratura carriera del fotografo, canadese solo di nascita, Douglas Kirkland: marchio originale che sa immediatamente di stardom, di fascino, di riflettori, di set. Un mondo che non ha odore, ma distribuisce all’istante fascino e magia.

83 anni d’età, di cui quasi sessanta passati a fotografare divi e set, Douglas Kirkand rivela di avere nel proprio archivio ben un milione di scatti, sia dentro che fuori il set.

Si va da Marilyn Monroe che, ancora ventiquattrenne, nel 1961, fermò per sempre, tra le lenzuola nelle celebri foto apparse su Look Magazine, in poi. Douglas Kirkland è stato per certo tra i protagonisti degli anni d’oro di Life Magazine, con servizi dedicati al mondo della moda e dello spettacolo.

Nel milione dei suoi scatti sono restati inoltre intrappolati, tra gli altri, Audrey Hepburn, Coco Chanel (fotografata nel 1962, ai 27 anni di Kirkland), Paul Newman, Jack Nicholson, Liz Taylor, Brigitte Bardot, Nicole Kidman, Leonardo Di Caprio, Antonio Banderas, Robin Williams (in scena per Mork and Mindy, incursione nel mondo tv), e tanti italiani come Bernardo Bertolucci, Sophia Loren, Marcello Mastroianni, Giuseppe Tornatore.

Contemporaneamente ai ritratti, Kirkland ha lavorato su quasi 170 set cinematografici, come fotografo di scena; per film importanti tra cui 2001 Odissea nello spazio, Titanic, New York, New York, Moulin Rouge, La mia Africa.

In una recente intervista Kirkland, ripensando oggi a tutta l’incredibile mole del suo lavoro conclude con invidiabile serenità: “Non potrei immaginare un mondo migliore di quello in cui mi sono trovato”. Ed il mondo in cui si è trovato a fare il fotografo, un fotografo sicuramente protagonista alla stregua dei registi e degli attori, è stato (prevalentemente) quello del cinema e della “messa in scena”, con tutta la malia che riusciva e riesce ancora ad esercitare.

Poche le “fughe” in mondi limitrofi, la moda, la canzone, o nella “realtà” della cronaca; almeno in questa mostra romana. Poche ma significative perché indice – e testimoni – dello, per così dire, slittamento sociale del senso del divismo, inteso in senso più ampio, che lo trasloca dal solo cinema ad altri ambiti. Così nella parure iconica di Kirkland incontriamo le foto dei Beatles, o dei Simpson, intesi come cartoon, di Mick Jagger, di Andy Warhol, ma anche di papa Giovanni Paolo II.

La mostra su Kirkland, con i suoi oltre 100, bellissimi scatti ospitati, ci arriva, crediamo, anche come omaggio agli 80 anni della nostra Cinecittà, lasciandoci andare immediatamente con la memoria, e le speranze, ad un cinema italiano più protagonista sulla scena mondiale di quanto non lo sia nei giorni che stiamo vivendo. Con un pizzico di divismo, che certo non guasta mai.