Guédiguian, lo zio prete operaio a Marsiglia, il cinema dalla parte giusta. Esce finalmente “Gloria Mundi”
Al cinema dal 13 maggio per (Parthénos Distribuzione) “Gloria Mundi” l’imperdibile film di Robert Guédiguian che ha regalato la coppa Volpi ad Ariane Ascaride a Venezia 76. È stato il nostro Leone del cuore e di seguito un racconto del cuore di Gianluca Arcopinto, produttore indipendente, scopritore di giovani talenti, distributore coraggioso, scrittore, regista, docente al CSC di Roma e giurato del nostro premio Bookciak, Azione!, che in quell’edizione della Mostra ci ha regalato una bella rubrica di cui fa parte questa riflessione-recensione …
Per capire subito di cosa parliamo e da che parte stiamo, queste sono le parole di presentazione del film di Robert Guédiguian. “Ovunque regni, il neocapitalismo ha schiacciato relazioni fraterne, amichevoli e solidali, e non ha lasciato altro legame tra le persone, se non il freddo interesse e il denaro, annegando tutti i nostri sogni nelle gelide acque del calcolo egoistico. Ecco cosa vuole dimostrare questo crudele racconto sociale attraverso la storia di una famiglia ricostituita, fragile come un castello di carte. Ho sempre pensato che il cinema dovrebbe commuoverci, a volte donandoci un esempio del mondo come potrebbe essere, altre volte mostrandoci il mondo così com’è. In breve, abbiamo bisogno sia di commedie sia di tragedie per continuare a mettere in discussione il nostro stile di vita. E dobbiamo continuare a interrogarci più che mai in questi tempi difficili, per non soccombere all’illusione che ci sia qualcosa di naturale nelle società in cui viviamo.”
Un giorno di più di quarant’anni fa, all’improvviso, mio padre mi prese da parte e mi propose di andare una settimana a Marsiglia con lui. Ancora oggi non saprei dire il perché me la fece, ma allora la proposta mi piacque molto. Quel viaggio ci avrebbe costretti a parlare, sicuramente più di quanto non fossimo abituati a fare tra di noi.
Tanti silenzi, pochi baci, qualche abbraccio. Però mio padre rimane la persona che forse mi ha saputo capire di più e tutte le poche cose belle che mi porto dentro credo di doverle a lui. A Marsiglia andavamo a trovare un suo cugino, che fin da bambino mi ha affascinato perché era un prete operaio, più operaio che prete.
In fondo l’unico vero operaio della mia famiglia, perlopiù composta di impiegati o avventurieri. Enzo, così si chiamava, lavorava in una fabbrica vicino al porto. Mi raccontava di scioperi, di solidarietà, di lotta per l’orario di lavoro e per il salario, che era sempre troppo basso, sempre troppo ingiusto, sempre troppo favorevole al padrone.
Forse è per quel viaggio a Marsiglia e per i racconti di Enzo che, quando l’ho scoperto, Robert Guédiguian è diventato uno dei miei registi di culto. Se devo essere sincero il film che ho atteso di più in questa edizione della Mostra è quindi Gloria mundi. Con cui Guédiguian torna ancora una volta a raccontare una generazione pienamente consapevole del proprio ruolo sociale e politico, che la costringe a lavorare duro per sopravvivere, avviata sempre più, di film in film, al tramonto, a confronto con la generazione di mezzo che invece scalpita per andare avanti e fare un salto di qualità di vita, senza però mai riuscirci fino in fondo.
Tutto è avvolto dalla malinconica dignità di chi subisce quotidianamente ingiustizie, senza però mai soccombervi, forte della consapevolezza di stare dalla parte giusta. A dare volto ai personaggi ancora una volta scende in campo la banda di attori storica di Guédiguian composta da Ariane Ascaride, Jean-Pierre Darroussin e Gérard Meylan, con Robinson Stévenin che sembra essere diventato l’elemento stabile giovane del gruppo.
La storia, come anche il modo di condurla, è molto semplice e comincia con la nascita di Gloria, raccontata nei minimi dettagli, regalando subito una forte emozione, almeno in chi apprezza una nuova vita che inizia. Gloria è nipote di Daniel, che per anni è stato in carcere per proteggere un amico. Sarà Daniel a scoprire le difficoltà della sua famiglia, ormai allargata e travolta dalla crisi economica che imperversa in Europa, aiutandola a risolvere un drammatico accadimento che potrebbe rappresentare la vera fine di tutto.
Gérard Meylan, che interpreta Daniel, mi ha sempre ricordato ficicamente proprio Enzo, il cugino di mio padre, con la sua possenza fisica ormai sfilacciata, con il suo incedere lento, con il suo volto fermo che riesce a recitare anche solo con lo sguardo. Durante tutto il film scrive haiku, apparentemente arrotolato su se stesso, ma in realtà a scrutare in punta di piedi il mondo che lo circonda. Quando ha risolto quello che c’era da risolvere, Daniel chiude il film con l’ultimo haiku, il più commovente, pieno di dignità e di amore e di forza, tutta espressa da quello sguardo che lo accompagna e che ci fa sentire ancora una volta dalla parte giusta.
Era inutile strappare
Le lancette del mio orologio
Il tempo non si fermava.
Gianluca Arcopinto
Produttore indipendente, regista, scrittore. Ha prodotto e distribuito almeno un centinaio di film, scoprendo, tra gli altri, Matteo Garrone, Luca Miniero, Paolo Genovese, Eugenio Cappuccio, Vincenzo Marra, Salvatore Mereu, Francesco Munzi, Gianni Zanasi.
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