Ughetto’s family. Storie d’immigrati italiani si animano ad Annecy

Presentato in questi giorni al Festival d’Annecy (in versione online), “Interdits au chiens et aux Italiens” di Alain Ughetto, regista d’animazione di origini italiane che, in questo suo work in progress del film che verrà, racconta la storia di suo nonno, di suo padre e della vita di quei lontani migranti italiani in Francia nel ’22. Quando costretti dalla miseria lasciarono la loro Ughettera – in Piemonte – per attraversare clandestinamente le Alpi. In cerca di fortuna in quel paese dove, come in Svizzera o in Belgio, trovavano sulle porte dei locali la scritta: «vietato ai cani e agli italiani» …

Come è possibile che tutti gli abitanti di un paese si chiamino Ughetto? Un posto, un villaggio in Piemonte, che esiste veramente e dove Alain Ughetto, regista di Interdits au chiens et aux Italiens, si è recato per andare a ritrovare le sue radici, la storia di suo nonno, di suo padre e della vita di quei lontani migranti italiani in Francia.

È la «storia» che sta alla base di un film d’animazione presentato in questi giorni al Festival d’Annecy in un «work in progress», un interessante e toccante documentario sul film in via di completamento. Ma andiamo con ordine.

Nel 1922, Luigi Ughetto e due suoi amici scappano dalla miseria per andare in Francia, Partono da una borgata tra la Val di Susa e la Val Sangone che si chiama proprio Ughettera, per attraversare clandestinamente le Alpi. Ma quando arrivano al confine trovano una brutta sorpresa: un muro al fondo di una gola impedisce loro di passare dall’altra parte.

Non si perdono d’animo e, visto che sono esperti di mine (avendo lavorato anni prima al Traforo del Sempione), fanno saltare il muro. Nella sequenza del film a pupazzi animati, sullo sfondo echeggia la voce di Mussolini in uno dei suoi stentorei discorsi, lo stesso Mussolini che diciotto anni dopo, quando l’Italia entrerà in guerra a fianco del Nazismo, occuperà quattro dipartimenti francesi, tra Savoia e Provenza.

È lì, infatti, la nuova patria dove Luigi Ughetto «posera son baluchon» (il suo povero fagotto) e dove con la moglie Cesira, a poco a poco, tira su una casa, alleva animali, fa famiglia. Come migliaia di altri immigrati italiani, gli stessi che sulla porta di negozi e locali, in Belgio come in Svizzera e in Francia, trovavano quell’infame cartello «vietato ai cani e agli italiani». E che magari sognavano di raggiungere «La Merica», dove avevano fatto loro credere che là crescevano alberi che davano dollari.

Il regista racconta e ci porta in giro per lo studio e i laboratori artigiani dove si fanno i disegni, si studiano i personaggi, si fabbricano i pupazzi, le loro espressioni (per ogni movimento della bocca si plasmano piccoli frammenti di plastilina), si cuciono vestiti in miniatura o si fabbricano i modellini delle case e delle montagne.

«Come mio nonno e mio padre – spiega Alain Ughetto – lavoriamo con le mani. I materiali che usiamo per le scene dei paesaggi: carbone per le rocce, foglie, castagne, broccoli verdi per le montagne boscose, facevano parte degli elementi quotidiani della vita di quegli emigrati». Che, «ripudiati» dalla loro patria, fecero un pezzo di storia francese, costruendo strade, tunnel e dighe, coltivando campi e facendo crescere i loro figli, come ricorda ancora il regista, «all’ombra del Tour de France e della fisarmonica d’Yvette Horner».

Alain Ughetto – che aveva realizzato in animazione, il pluripremiato Jasmine (2013) – ha dichiarato che tra le sue influenze c’è anche la commedia all’italiana con il suo mix di umorismo e realismo. A doppiare Cesira è l’attrice francese Ariane Ascaride (d’origine italiana), Coppa Volpi (all’ultima Mostra del Cinema di Venezia) per Gloria Mundi di Robert Guédiguian.

Il film, la cui lavorazione ha subito una lunga interruzione a causa della pandemia, è coprodotto da Francia, Italia, Belgio e Svizzera (con il sostegno del Mibac e della Regione Piemonte) e dovrebbe essere pronto per il Festival d’Annecy del prossimo anno. Speriamo che i distributori italiani non se lo facciano scappare. Così come le nostre reti televisive.

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