I classici di Oscar Wilde. “Un marito ideale” di Oliver Parker da (ri)vedere su Prime Video
Riscoperte su Prime Video. Dall’omonima commedia di costume di Oscar Wilde, “Un marito ideale” adattamento cinematografico del regista e sceneggiatore britannico Oliver Parker del 1999, esperto in classici della letteratura. Nei panni del dandy perdigiorno e libertino Lord Goring l’intrigante Rupert Everett, allora quarantenne. Grande il cast composto da Cate Blanchett, Julianne Moore e Jeremy Northam nei panni (dell’apparente) marito ideale. Da vedere o rivedere …
Ci offre uno sguardo davvero interessante ed esaustivo sull’aristocrazia britannica alla fine dell’Ottocento Un marito ideale (1999), di recente riproposto da Prime Video, diretto dal regista e sceneggiatore Oliver Parker, già noto per il suo Otello del 1995.
Il film – con bravissimi attori e una perfetta ricostruzione d’epoca – è tratto dall’omonima commedia “di costume” del 1899 in quattro atti dell’irlandese Oscar Wilde (1854 – 1900), poeta, scrittore e drammaturgo fra i più celebri e controversi dell’epoca vittoriana per la sua brillantezza intellettuale, il suo acuto spirito e la scandalosa vita personale dovuta alla sua omosessualità.
Un primo adattamento della commedia uscì nel Regno Unito nel 1947 con il titolo Oscar Wilde’s An Ideal Husband.
Wilde si era fatto conoscere nel 1890 con l’iconico Il ritratto di Dorian Gray, in cui esplora i temi della vanità, della moralità e dell’autodistruzione, con la bellezza esteriore che rimane inalterata mentre un ritratto del protagonista invecchia e si deturpa; la sua notorietà era stata confermata con L’importanza di chiamarsi Ernesto – trasposizione cinematografica nel 2002 anch’essa diretta da Oliver Parker – commedia del 1895, che racconta della doppia vita dei due protagonisti maschili che inventano nomi e storie per corteggiare due giovani donne; già in quest’opera, Wilde deride l’ipocrisia e il moralismo della società vittoriana, colpevole a suo avviso di attribuire troppa importanza alle apparenze.
In Un marito ideale, l’ultima delle sue cosiddette “commedie salottiere”, tutte apprezzatissime all’epoca più dal pubblico che dalla critica, e fra queste forse il suo capolavoro, in cui si trova meglio realizzata la fusione tra la comicità assurda e la trama, introduce un personaggio nuovo rispetto a quelli consueti del genere: il dandy perdigiorno Lord Goring, giovane statista dal fulgido futuro, donnaiolo libertino amante della vita mondana.
Sir Robert Chiltren (interpretato da Jeremy Northam) è un facoltoso uomo politico integerrimo, dalla brillante carriera, tenuto in alta considerazione dall’alta società londinese, oggetto d’amore da parte della moglie che vede in lui il prototipo dell’onestà e dei valori del tempo. Un marito ideale, insomma.
Ma questa vita fatta di agi e ricevimenti viene minacciata dall’intrigante signora Cheveley (Julianne Moore) che rivela a Gertrude (Cate Blanchett), la moglie di Sir Robert e di ferrei principi morali, come all’origine della fortuna del suo marito gentiluomo vi sia un atto di profonda disonestà, essendosi addietro arricchito vendendo un segreto di Stato a un nobile austriaco.
Timoroso di perdere la sua reputazione e l’amore della bella moglie, Sir Chilthern si rivolge a Lord Arthur Goring (Rupert Everett), che verrà a trovarsi al centro di una rete di bugie, inganni e convegni amorosi che metterà a repentaglio ciò in cui crede di più: il celibato. In fondo anche lui potrebbe diventare un marito ideale proprio come il suo amico.
Mettendo in scena la signora Cheveley, il personaggio, per alcuni, forse più simpatico della commedia e poi del film, anche se faccendiera ricattatrice, Wilde ha inteso denunciare tutte le ipocrisie di cui si ammantano i personaggi “perbene” da cui, nonostante tutto, lei rimane immune.
Un marito ideale ha, così come le precedenti opere di Wilde, precisi intenti di satira sociale e nonostante qualche caduta nel perbenismo “vittoriano” allora in auge, e se anche il rispetto formale della morale convenzionale è assicurato da qualche comodo “happy and end”, rimane ben chiaro che l’”immoralità” può egregiamente conciliarsi con i buoni sentimenti e infine risultare del tutto assolta. Scritta in maniera leggera eppure carica di significati e sentimenti, e con quella vena d’ironia e di umorismo fatto di dialoghi frizzanti, non sense e paradossi, con cui l’autore sapeva scherzare su argomenti seri o anche scottanti, Un marito ideale riscosse un grande successo.
La prima edizione a stampa, nel 1899, si esaurì infatti in poche settimane; non figurava il nome dell’autore, così come non appariva in locandina in occasione della immediata e felicissima rappresentazione della commedia al Criterion Theater, per via delle disavventure giudiziarie di Wilde: a causa della sua relazione con il giovane poeta aristocratico Alfred Douglas, era stato nel 1895 processato e condannato a due anni di lavori forzati, accusato di “grossa indecenza”.
Sarebbe scomparso nel 1900 a Parigi, in condizioni di povertà, ammalato e dimenticato dal pubblico che un tempo lo aveva osannato, non senza aver scritto, con lo pseudonimo di Sebastian Melmoth, De profundis, una lunga lettera aperta a Douglas, nella quale riflette sulla sua vita, le sue scelte e la sua filosofia personale.
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