C’è un cinghiale di razza nel salotto dello Strega
Ritratto di un “raccontatore” di razza tra cinema e letteratura. È Giordano Meacci appena entrato nella cinquina dello Strega col suo “Il cinghiale che uccise Liberty Valance” e sceneggiatore di “Non essere cattivo” con Francesca Serafini. Sotto il segno di Pasolini, Cerami ma non solo…
Giordano Meacci col suo Il cinghiale che uccise Liberty Valance (minimum fax) ha fatto irruzione nel salotto Bellonci, solo un poco attento ai mobili e alla tappezzeria, ed ora, dopo qualche trambusto, accede alla cinquina dei finalisti del Premio Strega.
Parliamo dello “storico” appartamento ai Parioli, lo stesso nel quale Pasolini, ispirazione, tra tante per Meacci, arrivava con una bicicletta partendo dalla sua casetta in estrema periferia, in via Giovanni Tagliere, Rebibbia, pedalando e sbuffando, con un’amica sulla canna della due ruote.
Così il cinghiale ha trovato posto ed ha parlato.
Che segno è quando sono gli animali a parlare? Forse che la lingua degli uomini si è confusa o è divenuta superflua? O che forse è ora di smetterla di farsi troppe domande, come magari direbbe Groucho Marx? Sta di fatto che il cinghiale di Meacci intende e si fa intendere in quel di Corsignano (non cercatela sulle carte; ma è dalle parti di Macondo), fra Umbria e Toscana, e presumibilmente si farà capire ed apprezzare in tanti altri luoghi.
Salito infatti agli onori della cronaca dei quotidiani, per la sua voracità e prolificità, l’ “essere” cinghiale, l’ “animale” cinghiale, da cui ci difendiamo con cavalli di frisia e trappole varie, ora sale, finalmente riscattato, anche agli onori della letteratura.
Per trovare ragione e genealogia, del perché e del percome il cinghiale, che di nome fa Apperbohr, si muova e cosa lo muova, si è chiamato in causa Palazzeschi, De Lillo, Bud Spencer, Italo Calvino, i Baustelle, Nietzsche, per paragonarli poi all’importanza che hanno nel racconto anche il Siena Calcio, le Crociate (forse addirittura siamo nella zona dove i crociati di Monicelli marciavano per raggiungere Aurocastro?) e perfino l’ispettore Manetta, l’assistente del commissario Basettoni, le canzonette.
In fin dei conti, nell’universo espressivo di Giordano Meacci c’è tutto questo ed anche, molto, molto, di più. Vogliamo dire del cinema (con un titolo da film western di John Ford?), o di Hemingway o del “nostro” Vincenzo Cerami?
La lingua di Meacci si nutre di citazioni per partorire cose nuove. Come appunto il “cinghialese”, la nuova lingua del cinghiale. Con grande amore, con padronanza, può essere qui favolistico quanto Gabo Marquez, appunto, ma altrove, ricordiamo la sua bella sceneggiatura di Non essere cattivo, regia di Claudio Caligari, scritta con Francesca Serafini, anche controllato, di servizio.
Il suo sforzo, immaginifico, magico, tende ad andare costantemente ed inclusivamente verso le radici del “popolare”, sommando e scegliendo, però; strade tortuose ma che producono pagine di ammaliamento. Che probabilmente riportano alle prime esperienze del “fascino” per ognuno di noi.
Dicevamo di Pasolini. La prima opera di Meacci, Improvviso il Novecento, è proprio una biografia di Pasolini professore a Ciampino in un saggio, già travestito da romanzo, con evocazioni e presenze delle persone semplici e degli autori, che ha amato ed ama. Gli ex allievi di Pasolini, le persone importanti della sua infanzia in Toscana, ma anche Fernanda Pivano ed il già citato Cerami. Il tutto, a ben vedere, un territorio molto vasto che assomiglia però già molto a Corsignano. O che magari lo prefigura. Meacci, per quanto possa sembrare “strano”, da quello che scrive, scrive sempre di ciò che conosce.
Guidato da una conoscenza, cresciuta nell’irriverenza, già nel nome, dell’Accademia degli Scrausi, formatasi intorno al professor Luca Serianni, ma in fin dei conti assai seria e realmente “accademica”, Meacci è un “raccontatore” di razza, uno di quello che conosce strutture e trucchi del mestiere (ma poi, preferisce fare altrimenti…), uno di quelli che staresti a sentire per ore e a leggere per giorni. Leggere il suo Cinghiale fa stare bene: lo immagini, Apperbohr, che scorrazza e sparlazza nel suo “cinghialese”, nello stato libero di Corsignano…
Enzo Lavagnini
Regista, sceneggiatore, produttore e critico cinematografico. Suoi i documentari: "Un uomo fioriva" su Pasolini e "Film/Intervista a Paolo Volponi". Ha collaborato con Istituto Luce, Rai Cultura e Premio Libero Bizzarri. Tra i suoi libri, "Il giovane Fellini" , "La prima Roma di Pasolini". Attualmente dirige l'Archivio Pasolini di Ciampino
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