James Franco si diverte (e diverte) col film più brutto di Hollywood

In sala dal 22 febbraio (per Warner Bros)”The Disaster Artist” nuova fatica di James Franco, dedicata ad una leggenda di Hollywood: “The Room” film del 2003 passato alla storia come la peggior pellicola mai realizzata, divenuta poi a sua volta un culto per cinefili. Un raro gioiello di intelligenza e umorismo, basato sull’omonimo best seller di Greg Sestero. Passato a Torino Filmfest.

Per Hollywood è un classico di culto, entrato nella leggenda come ”Il Più Grande Peggior Film Mai Realizzato”.  Fu un fiasco catastrofico nel 2003 The Room, scritto, diretto, prodotto e interpretato da uno sciroccato ousider di nome Tommy Wiseau, che sperperò 6 milioni di dollari per il suo delirante mélo, spacciato come “un dramma degno di Tennessee Williams”.

Ma la rivincita, grazie al passaparola, è stata trionfale : The Room, con la sua trama risibile, i suoi dialoghi improponibili e la sua recitazione dilettantesca, oggi è un evergreen che riporta in sala ciclicamente (non solo in America) una legione di appassionati anche famosissimi. Una boiata pazzesca, insomma, direbbe Fantozzi, che fa delirare i cinefili.

Da questa storia incredibile James Franco ha tratto un film sorprendente, epico quanto esilarante, The Disaster Artist, nelle sale italiane dal 22 febbraio, che gli ha guadagnato il Golden Globe come miglior attore nella categoria musical-commedia e corre per l’Oscar per la migliore sceneggiatura non originale.

Va detto che l’esclusione dalla cinquina dei Best Actors negli Usa ha scatenato non poche polemiche. Di questo gioiellino fuoriserie di intelligenza e umorismo James Franco è produttore, regista e interprete, non pago, evidentemente, di essere un artista a 360 gradi nonché il deus ex machina della più formidabile serie tv degli ultimi mesi, The Deuce.

Tommy Wiseau, col suo strano inglese, le sue origini oscure e le sue ancora più oscure finanze, è la prova che si può entrare nella Storia da appassionati perdenti. Ovvero: come realizzare il Sogno Americano passando dalla porta di servizio.

The Disaster Artist racconta genesi e comicissimi retroscena di quell’epico fiasco basandosi sul best seller (uscito nel 2013 ) di Greg Sestero, l’amico del cuore e coprotagonista di Wiseau. Dave Franco, fratello di James, fa Sestero, e qua e là spuntano guest star eccellenti come Sharon Stone, Melanie Griffith, Zac Efron, il Bryan Cranston di Breaking Bad. Ma la chicca è un quasi irriconoscibile James Franco, con lunga zazzera bruna e lenti a contatto azzurre, nella sua più estrema prova d’attore di sempre.

La ricostruzione è maniacale, basta vedere in finale, fianco a fianco, le “vecchie” e le “nuove” sequenze, quelle girate da Franco e le originali, con gli stessi strafalcioni registici, le luci sbagliate, gli errori montati. E maniacale è la riproduzione dell’impossibile eloquio di Wiseau, che diceva di venire da New Orleans ma parlava come un immigrato europeo dell’Est.

La parentela con un altro “disastroso”outsider di Hollywood, l’Ed Wood celebrato dal bel film di Tim Burton, è più che evidente, e per l’autorale Franco, che ha firmato infinite trasposizioni (non tutte felici) da classici della letteratura, è stato il riferimento -chiave. “Wiseau fece il film con l’intenzione di realizzare un dramma – sostiene – ma la gente rideva. L’ho visto come un racconto sull’Industria del cinema vista da dentro, con gli occhi di certi outsider irredimibili alla Ed Wood”.

Per anni e anni Wiseau ha mantenuto, a sue spese, uno smisurato poster di The Room sulla frequentatissima Highland Avenue di Los Angeles. Ma oggi non ne ha più bisogno: il suo film è un must da cinefili, un monumento del kitsch, una pietra miliare.

Quando va in replica, agli spettacoli di mezzanotte, tra i fans americani vige la consuetudine goliardica di portarsi in sala oggetti-feticcio, come il pallone da baseball, per fare tifo e casino. E per affetto. Perché, come dice James Franco, ci si affeziona “a un film bruttissimo ma con passione”. Quello che manca, di norma, ai bruttissimi film. E qualche volta, purtroppo, anche ai film belli.

l’articolo è pubblicato anche su Huffington Post