“L’ Università di Rebibbia” il libro di Goliarda Sapienza che ha ispirato il film di Mario Martone

Riscoperto da Mario Martone nel film “Fuori”, in concorso al Festival di Cannes vi proponiamo la rilettura de “L’università di Rebibbia”, uno dei due libri di Goliarda Sapienza (l’altro è “Le certezze del dubbio”) che l’hanno ispirato. Nel carcere romano la scrittrice de “L’arte della gioia” è stata rinchiusa un breve periodo a seguito di un furto di gioielli. Più che un diario carcerario ci offre una riflessione profonda sulla libertà interiore, la solidarietà femminile e la dignità di chi vive ai margini. In prigione l’attrice e scrittrice siciliana apprende, senza le illusioni e le ipocrisie della vita ordinaria, la dura e autentica dimensione della convivenza umana …

Dal finestrino dell’auto che la trasportava in carcere con le sirene spiegate, seduta fra due poliziotti in divisa, Roma le appariva per la prima volta “sontuosa e immensa”: è la scena che apre l’autobiografico L’università di Rebibbia di Goliarda Sapienza (1924-1996), apparso da Rizzoli nel 1983, in cui l’autrice racconta il periodo trascorso nella prigione di Rebibbia nel 1980, arrestata a causa del furto di alcuni gioielli in casa di conoscenti benestanti. Episodio difficile da interpretare: ammissione di povertà? Atto di disperazione? Chissà.

Certo, la scrittura del suo capolavoro, il monumentale L’arte della gioia, romanzo “sfortunato” e “maledetto” sulla sensualità della donna che diventa arma di rivoluzione, a cui Goliarda aveva dedicato una decina d’anni l’aveva ridotta in uno stato di grave indigenza: sistematicamente rifiutato dagli editori italiani, uscì postumo nel 2008 su iniziativa di Einaudi, osannato dalla critica dopo avere venduto in Francia (leggi intervista alla traduttrice francese), dove era apparso già nel 2005, più di 500.000 copie.

Più che un diario carcerario, L’università di Rebibbia ci offre una riflessione profonda sulla libertà interiore, sulla solidarietà femminile e sulla dignità di chi è costretto ai margini della società. In prigione, l’attrice e scrittrice di origini catanesi Goliarda incontra detenute di ogni tipo – ladre, tossicodipendenti, vittime di abusi, giovani terroriste – con cui stringe legami inaspettati di ogni tipo; ne nasce una sorta di comunità alternativa, in cui la cultura e l’empatia diventano strumenti di sopravvivenza e crescita.

Da qui il titolo autorevole: “Università, perché per l’autrice il carcere diventa una vera e propria università che insegna, senza le illusioni e le ipocrisie della vita ordinaria, la dura e autentica dimensione della convivenza umana.

Il mondo libero, il “fuori” risulta assente in questo racconto che si apre e si chiude tra le mandate dei portoni blindati. Non entra mai, se non per esser soppesato nella sua pretesa “libertà” in quei momenti in cui Goliarda si osserva, sorpresa, nell’atto di lasciar cadere molti dei vincoli che la legano all’aleatorio ambiente intellettuale che abitualmente frequenta “là fuori”. Il corpo spogliato d’ogni sovrastruttura, tradito però, non appena arrivata all’ora d’aria dopo la prima notte di isolamento, dalla piega dei pantaloni di seta e dall’accento borghese.

A ripercorrere questo momento in apparenza drammatico della vita della scrittrice “anarchica” forse più anticonformista del nostro Novecento è Fuori di Mario Martone, unico film italiano in concorso al 78° edizione del Festival di Cannes. L’autore napoletano, insieme alla compagna e sceneggiatrice Ippolita di Majo che firma il soggetto, ha scelto in realtà di sovrapporre due testi di Goliarda. Oltre a quello dentro Rebibbia, anche quello fuori, appunto: Le certezze del dubbio in cui la scrittrice racconta le difficoltà di tornare alla vita quotidiana, quando poche settimane dopo viene rilasciata, a un mondo che non capisce il diverso e non perdona gli errori. L’incontro-scontro con la città e, insieme la rivelazione che la solidarietà, l’amicizia e il calore sono possibili anche al di fuori delle mura circondariali.

Valeria Golino, già regista della fortunata serie L’arte della gioia, nel film di Martone veste i panni della stessa Sapienza con al suo fianco, nel ruolo delle giovani detenute Matilda De Angelis ed Elodie rispettivamente nei panni di Roberta e di Barbara.
Una volta uscite di prigione, in una calda estate romana, le donne continuano a frequentarsi e Goliarda stringe un legame profondo con Roberta, delinquente abituale e attivista politica.
 Un rapporto che nessuno, fuori, può riuscire a comprendere ma grazie al quale Goliarda ritrova la gioia di vivere e nuova linfa per ritornare a scrivere.

In quell’universo freddo e spietato, l’intellettuale e donna matura aveva scoperto la solidarietà, l’amicizia, la spontaneità, sentimenti impossibili nel mondo di “fuori” dove a suo avviso ci si sente meno liberi e sicuri, nonché quanto l’ha guidata e salvata per tutta la vita: il desiderio disperato del mondo.

“Nel ballatoio fra il fragore di risa, canti e urla di richiamo, molte sono in vestaglia indaffarate con secchi e scope. Una pila di piatti cade senza rompersi e mi rotola fra i piedi; qualcuno impreca contro tutti i santi del paradiso e del parlamento. Sento anche un boia Andreotti, un frocio Berlinguer… Mi fermo un attimo affascinata. È la prima mattina che non corro subito all’aperto (…) Una folla convulsa mi sfreccia intorno, sulla testa, dappertutto”: vivide immagini della sezione femminile del carcere romano ci raccontano in maniera concreta l’universo del sottoproletariato carcerario. Allegria, sempre: “oggi la nostra piccola cellula sembra una piazza di Trastevere, che in un ottobre caldo e ventoso risuona di grida, di voci, di risate”.

Ebbe poi modo di affermare Goliarda, in più di un’occasione: “non esagero se dico che il carcere mi ha salvata. Stavo finendo per vivere fuori dal mondo, precipitavo in un mare di astrazioni. Perfino il mio linguaggio era diventato troppo raffinato, ci mancava poco che mi riducessi a scrivere solo leziose poesiole. A Rebibbia ho avuto una salutare ‘lavata’ di testa e di linguaggio”. Una funzione pedagogica, senza dubbio alcuno, confermata dallo scultore francese Nicolas Daubanes, il quale propone regolarmente il testo a dei detenuti, nel corso di laboratori, e assicura che lo apprezzano.

© BOOKCIAK MAGAZINE / Tutti i diritti riservati

Testata giornalistica registrata al Tribunale di Roma n. 17/2015 del 2/2/2015
Editore Associazione culturale Calipso C.F.: 97600150581