Le belle utopie libertarie negli occhi di una donna. Arriva in sala “Monte Verità”

In sala dal 29 giugno (per Draka Distribution) “Monte Verità” del regista svizzero Stefan Jäger, già presentato a Locarno 2021. Il racconto della comunità utopica fondata agli inizi del Novecento vicino ad Ascona, attraverso gli occhi di una giovane aristocratica viennese che compie il suo apprendistato alla libertà. Da lì passarono i più grandi artisti e intellettuali dello scorso secolo e nacque anche la danza moderna con gli esperimenti di Rudolf Laban. Di seguito anche qualche libro per saperne di più …

Non tragga in inganno – soprattutto i cultori della danza – quel titolo Monte Verità che Stefan Jäger ha scelto per il suo film – in uscita il 29 giugno nelle sale italiane, dopo aver debuttato al Festival di Locarno nel 2021: il regista non si è occupato della straordinaria germinazione della danza moderna che qui ebbe inizio intorno al 1913 con gli esperimenti di Rudolf Laban e dei suoi discepoli, tra cui Mary Wigman e Kurt Jooss.

Jäger risale, infatti, allo spirito originario della comunità di idealisti, fondata agli inizi del Novecento, che in questo luogo incantato nel Canton Ticino, immerso fra prati, boschi e scorci mozzafiato sul Lago Maggiore, trovò il nido perfetto per le sue utopie. Quella Lebensreform, riforma di vita, che consisteva in un’immersione profonda e rispettosa nella natura: vegetariani, assertori di uguaglianza fra i sessi e di libertà di scelte.

Monte Verità – come fu subito ribattezzato il Monte Monescia, vicino Ascona, a un tiro di schioppo da Locarno – non fu la prima né l’ultima delle comunità di questo tipo, che già dall’Ottocento spuntavano qua e là in Europa – ma certamente fu la più folgorante, per quel misterioso magnetismo che attirò qui artisti e pensatori di ogni disciplina.

Jäger sfrutta un arco di pochi mesi nel 1906 per ambientarvi l’apprendistato alla libertà di Hanna, personaggio di fantasia che si muoverà tra i protagonisti realmente esistiti della comunità. È una giovane aristocratica viennese oppressa dalle regole della società e da un matrimonio convenzionale che la costringe in un ruolo obbligato di moglie e fattrice di figli. Con quale sguardo riprenda la storia il regista è dichiarato fin dalla prima inquadratura sugli occhi della donna (una sensibile e intensa Maresi Wiegner) che si sventola affannosamente con un ventaglio in cerca d’aria. Soffre d’asma, con grande disappunto del marito che lo considera sconveniente. E sviene mentre stanno facendo una foto di famiglia, capovolgendo la prospettiva in una buffa parodia di familiari e servette saltellanti a testa in giù.

La storia parla per immagini più che per dialoghi. Visioni immersive, dettate da uno sguardo registico che Jäger ha voluto condividere con un team di donne – la sceneggiatura è di Kornelija Naraks, la smagliante e mesmerica fotografia di Daniela Knapp.

Un film corale, con un andamento quasi onirico che alterna flashback a momenti presenti: la fuga da casa di Hanna prima dell’ennesimo amplesso meccanico, accostata al piacere clandestino di usare la camera fotografica del marito per ritrarre le figlie. La visita con Otto Gross, un ex allievo di Freud (realmente esistito e qui interpretato con modi felpati da Max Hubacher) che prova a curare la giovane donna con metodi alternativi e in realtà le indica la possibile evasione verso Monte Verità.

L’arrivo rocambolesco, infine, nella comunità dove gli occhi di Hanna restano spiazzati e impigliati insieme da quel vivere informale e affettuoso, libero da regole rigide e da imposizioni culturali. I “balabiott”, quelli che ballano nudi come li chiamano i vicini abitanti di Ascona, sono una tribù colorata e vivace che fa docce di luce e d’aria svestiti come lo scrittore Herman Hesse (Joel Basman) o suona Chopin nelle capanne di legno come Ida (Julia Jentsch).

È un posto per elfi che danzano nelle notti di luna e di creature magiche e selvatiche come Lotte (Hannah Herzsprung). Qui, dopo le prime reticenze, Hanna getta le vesti abbottonate e le capigliature composte, fa l’amore nuda sopra Otto lontana anni luce dal suo alter ego matrimoniale gattopardesco, quando bardata nella camicia da notte si offriva cadaverica al marito. Riscopre l’attrazione proibita per la fotografia, sperimenta e trova il coraggio di spezzare un legame coniugale noto e oppressivo verso un futuro incognito e ricco di promesse d’artista.

E la danza? Tranquilli, imprime il suo segno anche qui con il passaggio (storico) selvaggio e fremente di Isadora Duncan. Un altro simbolo, un altro tassello verso la libertà per la nuova Hanna.

Bibliografia sull’esperienza di Monte Verità
Andreas Schwab Monte Verità – Sanatorium der Sehnsucht /Monte Verità – Sanatorio della nostalgia
(questo è il consulente di Jaeger e autore del libro storico di cui sopra)

Stefan Bollman (traduzione di Umberto Gandini) Monte Verità. 1900. Il primo sogno di una vita alternativa EDT 2019

Hermann Hesse Monte Verità tradotto per i tipi SugarCo 1997 (testimonianza diretta dello scrittore che fu tra i frequentatori della comunità durante il primo Novecento)

Kaj Noschis (traduzione di E. Basso) Monte Verità. Ascona e il genio del luogo Casagrande 2013

A cura di Nicoletta Mongini, Sergio Risaliti, Chiara Gatti Monte Verità. Back to nature Lindau 2022.