Manchester dal mare è una magnifica visione
Casey Affleck nei panni del protagonista ha vinto l’Oscar. E Kenneth Lonergan, il regista, si è aggiudicato la statuetta per la sceneggiatura. “Manchester by the sea” è un film magnifico che parla di freddo, colpa, perdita e ciclicità. Con una regia che è una grande orchestrazione di elementi. Da non perdere…
In questo film, Manchester by The Sea, tutto ha a che fare col freddo. Certamente anche con la colpa – come, e di più, nel precedente di Kenneth Lonergan, il travagliatissimo Margaret; e poi con la perdita, la ciclicità, la mancanza, ma il freddo è il suo tema: i morti stanno nei congelatori e non sottoterra; i sentimenti sono ibernati; grigio e ventoso è il paesaggio; e una pista da hockey diventa metafora di un goffo e difficoltoso incedere.
Una crepa lieve inizia a frantumarne la superficie, increspandola. Già in passato è successo e ora si ripropone. Allora che fare? Ecco, il film racconta questo: racconta la necessità di muoversi per rimanere in piedi, mentre tutto intorno sta bruciando.
La regia di Lonergan tratteggia un affresco sobrio, per il tramite di una grande e misurata orchestrazione di elementi. Ciascuno è indipendente ma è anche parte di un senso complessivo. Ciascuno ha un movimento interno semanticamente quasi autonomo e un altro, esterno, in relazione.
Ciascuno è solo (come i personaggi) e al tempo stesso subordinato: svolge nel suo piccolo, compiutamente, il senso generale e concorre insieme agli altri a connotarlo meglio. È una regia intelligente, sottile, capace di sottolineare senza marcare, di mostrare semplicemente, di essere senza arroganza. Complice una fotografia limpida, trasparente, quasi tutta sui toni del grigio-azzurro.
Una drammaturgia sorprendente; non solo per la palese anacronia, a tratti spiazzante eppure naturale, per quel sapore acre di cose che stanno per implodere, quel costante senso di tragedia trattenuta, ma anche per i cortocircuiti interni e paradossali. I dialoghi che si inceppano e che sembrano precipitare in discussioni ridicole; le situazioni più intense che subiscono come una momentanea rottura.
Su tutti, valga l’esempio della barella che, in un momento di fortissima tensione emotiva, non ne vuol sapere di entrare dentro l’ambulanza, giacché il sistema di chiusura automatico delle gambe s’è incastrato. Come questo, altri. Sulla carta li si sarebbe detti rischiosi e invece sono perfettamente riusciti: raffreddano, interrompono, spezzano.
Solo alcuni nei nel film: qualcosa di troppo sul piano del racconto, ad esempio verso il finale, e qualcosa di ridondante su quello musicale.
Da non perdere i titoli di coda, dove le immagini del porto scorrono lentamente, mostrandoci il volto lontano, quasi placido, quasi pacioso, di Manchester-by-the-Sea. Un consigio: vederlo in lingua originale
Gianluca Colitta
Regista, fotografo e insegnante italiano. Dal 2004 a oggi ha realizzato video sperimentali, cortometraggi, progetti di fotografie, alcune performance e video-installazioni, e un libro.
Ha fondato una società di cinema e arti visive e un blog di immagini, collabora con riviste, insegna italiano agli stranieri, tiene seminari sulla sceneggiatura. I suoi lavori sono stati presentati in Italia, Belgio, Cina, Romania, Regno Unito, Austria, Spagna, India, Finlandia e Stati Uniti.
Vive e lavora in Belgio.
http://www.gianlucacolitta.com
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