Melania Mazzucco e i “pellerossa”. E racconta alla Festa “L’ultimo dei Mohicani”
È Melania Mazzucco a dare il via alla sezione “Fedeltà/Tradimenti”, il nuovo appuntamento della Festa di Roma in cui 13 noti scrittori ci raccontano quanto, perché e se hanno apprezzato la trasposizione cinematografica, fedele o no, di un romanzo da loro scelto. L’autrice di “Vita” racconta L’ultimo dei Mohicani di James Fenimore Cooper, portato al cinema da Michael Mann, “che devia, seziona il romanzo e lo rimonta in altro modo, lo reinventa ma cogliendo il punto giusto”. Parola di scrittrice che dopo aver visto il film nel’ 92, confessa, “sono andata a rileggere, finalmente in versione integrale, il romanzo di Cooper” …
Con la sua folta e riccioluta chioma è Melania Mazzucco, ad aprire le danze di “Fedeltà/Tradimenti”, il nuovo appuntamento della quattordicesima festa del cinema di Roma con cui 13 noti scrittori ci raccontano quanto, perché e se hanno apprezzato la trasposizione cinematografica, fedele o no, di un romanzo da loro scelto.
Aveva subito pensato a Via col vento, poi le sono tornati in mente i pellerossa, era così che li chiamavano ancora, prima degli anni ‘70, quando partì alla grande l’elaborazione di tutti i peccati originali made in Usa, mentre in Europa era ancora tabù quella sugli ebrei.
La scelta allora è caduta su L’ultimo dei Mohicani di James Fenimore Cooper che dagli anni Trenta fino alla fine dello scorso secolo, spesso in versione abbreviata e con figure, rientrava nella letteratura per ragazzi.
“Li amavo molto i pellerossa – ci racconta – e solo dopo aver visto nel ’92 l’omonimo film di Michael Mann, con il perfetto Occhio di Falco Daniel Day-Levis, sono andata a rileggere, finalmente in versione integrale, il romanzo di Cooper che era una sorta di prequel del primo libro che aveva scritto. Ambientato nel 1757, ha per protagonista un guerriero selvaggio, un cacciatore per niente interessato alle donne, anche più adulto, sui trent’anni che all’epoca corrispondevano ai cinquanta. E nel romanzo tu leggi l’ambiguità tra fascinazione e rifiuto da parte dell’autore nei confronti degli indiani.
Mann devia, seziona il romanzo e lo rimonta in altro modo, lo reinventa ma cogliendo il punto giusto. Nel film la storia è una cornice, racconta l’America giovane. Anche le donne che nel libro sono impaurite e passive, nel film reagiscono. Sono diversi i morti e i vivi.
Resta però lo spazio mitico, anche se claustrofobico e opprimente, descritto con quella assoluta precisione che allora, chi scriveva queste opere, riusciva ad ottenere solo leggendo i libri dei missionari. Ricostruzioni filologiche che il film ha mantenuto anche se non è stato possibile ambientarlo nella terra del romanzo, ma in North Carolina.
Procedimento, la maniacale ricostruzione dell’ambiente, che è molto importante anche per me nella preparazione dei miei romanzi, perché per scrivere ho bisogno di fare come gli attori: devo immedesimarmi
E per farlo ho bisogno di conoscere bene gli spazi e gli ambienti in cui si muovono e vivono. Per lavorare ad esempio su Tintoretto e la camera di sua figlia mi sono andata a leggere gli inventari dell’epoca. Volevo conoscere bene anche i letti, i mobili, la biancheria le coperte che usavano”. Racconta l’autrice di Vita che nel 2003 le ha portato il premio Strega.
E l’incontro si chiude con una scena del film senza parole, con l’emozione che viene tutta da quella musica lirica incalzante della colonna sonora che portò l’Oscar al film nel 1993.
13 Luglio 2016
Il cinema italiano al fianco dei migranti
Appuntamento il 19 luglio al Baobab di Roma, per una giornata di solidarietà,…
14 Settembre 2017
La resistenza dei “vinti” di Olivares. Nella terra dei fuochi
Arriva in sala dal 14 settembre (per Altre Storie) "Veleno" il nuovo film di…
12 Luglio 2015
Stop del Ministero alla censura dei “libri proibiti”
Nelle scuole di Venezia non ci saranno libri proibiti. Dopo la "sommossa…