Melodramma a ritmo folk. “The History of Sound” passione gay con divi (Josh O’Connor e Paul Mescal)
Passato in concorso a Cannes “The History of Sound” del sudafricano Oliver Hermanus, ispirato a un racconto dell’omonima raccolta (inedita in Italia) dello scrittore americano Ben Shattuck (qui anche alla sceneggiatura). Nell’America rurale degli inizi del ‘900, mentre in Europa scoppia la Grande Guerra, due giovani musicisti folk, i divi Josh O’Connor e Paul Mescal, si avventurano tra i boschi del Maine a registrare dal vivo i canti popolari. L’amore (proibito) tra i due è il protagonista, ma anche il (melo)dramma, vista l’epoca. Il film arriverà al cinema con Universal…
Belli e innamorati, ai tempi che l’amore fra uomini era indicibile. Sono i divi Josh O’Connor e Paul Mescal la ragione del passaggio in concorso di The History of Sound del sudafricano Oliver Hermanus, da un racconto di Ben Shattuck. Altri, di motivi s’intende, non ne troviano. Se non appunto avere sulla montées des marches soprattutto Mescal, il nuovo sex symbol irlandese consacrato dalla serie culto Normal People e Il Gladiatore 2, capace di scatenare i media. Che pure ai festival engagé come Cannes serve, secondo il vecchio adagio bastone e carota, leggi impegno e glamour.
Siamo nel 1917 in Kentucky. È qui che vive con la famiglia Lionel (Paul Mescal in tenuta country-intellettuale con abiti da lavoro ed occhialini rotondi) in una poverissima fattoria, dove è stato allevato al suono delle ballate popolari. La sua passione per la musica lo porta a fare studi musicali al conservatorio di Boston. Forse un gruzzolo nascosto sotto il materasso o risorse segrete, chissà. Il salto dalla povera casa di legno, gli abiti consumati e la campagna gelata, all’eleganza della città è già un bel colpo d’occhio.
È qui che avviene l’incontro della vita. Le melodie folk ascoltate fin da piccolo sono il richiamo. Al pianoforte, nel pub di Boston, c’è David (eccolo Josh O’Connor, sempre con la testa un po’ rivolta al basso, racchiusa fra le spalle come un timidone) e l’abbocco (prima solo musicale) fra i due sarà fatale. Ma anche i vari stop and go a cui sarà soggetta la loro relazione. La Guerra Mondiale, prima di tutto, che porterà al fronte David, inglese di nascita. Il ritrovarsi poi sarà fra i boschi del Maine.
Su incarico del conservatorio, così David racconterà a Lional, i due dovranno registrare i canti popolari della regione, andando di casa in casa, di fattoria in fattoria a cogliere le voci di contadini, lavoratori, donne e bambini, cori di intere famiglie, poverissime, ma ricche del prezioso folklore.
Più o meno come fecero da noi i grandi etnomusicologi Alan Lomax e Diego Carpitella a metà anni Cinquanta, quando percorsero da Nord a Sud l’Italia per registrare il patrimonio del nostro canto popolare in via di sparizione. Recuperando oltre mille registrazioni “sul campo”, svelando l’enorme patrimonio di canzoni, stili e repertori musicali del nostro paese contadino e preindustriale. C’è anche un film di Luigi Faccini a raccontarlo, Radici.
Con una sorta di grammofono-registratore primordiale, anche Daniel e Lionel, raccoglieranno centinaia e centinaia di canti, incisi su preziosi cilindri di rame. Tutti raccolti e ordinati in una scatola, destinati però ad andare perduti. Almeno in un primo momento. Proprio come l’amore tra i due musicisti. Amore bucolico più che romantico vissuto in quei mesi di ricerche appassionate tra boschi e campagne. Sesso in tenda, la notte a lume di lampada, baci rubati di nascosto, vista l’epoca.
Il racconto, attraverso i cambi di città, nazioni e continenti di Lionel (ci sarà pure una facoltosa promessa sposa abbandonata ancora prima del fidanzamento e addirittura una moglie per Daniel) percorrerà una quarantina di anni a venire. Mentre l’amore della vita, ormai perduto, lo tormenterà per sempre.
Il soggetto di The History of Sound, nato durante il confinamento per il Covid, è frutto della collaborazione tra lo scrittore americano Ben Shattuck e il regista Oliver Hermanus, frequentatore di titoli letterari e, spesso, a tematica gay: Moffie del 2019, per esempio, racconta un amore omosessuale nell’esercito sudafricano, dalle pagine autobiografiche dello scrittore André Carl van der Merwe. Mentre Living, remake dell’omonimo film di Akira Kurosawa mette insieme Tolstoj (riferimento del maestro giapponese) e il premio Nobel Kazuo Ishiguro che ne firma la sceneggiatura.
The History of Sound, il libro (inedito in Italia) raccoglie una serie di racconti tutti incentrati sulla musica, legandoli tra loro anche attraverso personaggi e misteri. Nel film gli autori allungano il brodo, fin oltre il dovuto. Il melodramma prende il sopravvento, i finali si moltiplicano, neanche lo stile aiuta, convenzionale e realistico quanto basta, lo sbadiglio viene spontaneo.
Gabriella Gallozzi
Giornalista e critica cinematografica. Fondatrice e direttrice di Bookciak Magazine e dei premi Bookciak, Azione! e Bookciak Legge. Prima per 26 anni a l'Unità.
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