Miracolo a Bruxelles. Daniele Vicari porta il suo “Orlando” nel cuore (amaro) dell’Europa

Presentato fuori concorso al TFF “Orlando” nuovo atteso film di Daniele Vicari che porta a Bruxelles un sorprendente Michele Placido. Un delicato conte philosophique sull’eterno scontro tra modernità e mondo arcaico attraverso l’incontro inatteso tra un nonno contadino e una nipotina della “generazione Greta Thunberg”. Vicari sperimenta una sua forma di realismo magico per una sorta di miracolo a Bruxelles. Nelle sale dal primo dicembre per Europictures …

Più che una favola moderna un delicato conte philosophique. Semplice comme il faut per raccontare che la modernità non deve essere negazione dell’arcaico. Che la tecnologia non necessariamente è nemica dell’umano, che l’universo urbanizzato può anche dialogare con le più originarie radici contadine.

È dai tempi de L’orizzonte degli eventi (2005), del resto, che Daniele Vicari tutto questo ha reso uno dei temi portanti della sua poetica. Con Orlando, presentato al Torino FilmFest e in sala dal primo dicembre, fa un passo in più, sperimentando in aggiunta una sua forma di realismo magico, un po’ come in una sorta di miracolo a Bruxelles.

La città simbolo dell’Europa è, infatti, il luogo dell’azione. Anche se in questo caso è davvero ridotta all’osso. All’incontro tra l’Orlando (un po’ furioso) del titolo, un Michele Placido contadino burbero dalla presenza di roccia, e quella nipotina che spunta fuori dal nulla (una sorprendente Angelica Kazankova, scoperta a seguito di infiniti provini) frutto dell’amore di un figlio che dal paesino tra i monti della Sabina ha voluto emigrare, causando la rottura irreparabile col padre.

Sarà una telefonata improvvisa a trascinar via dalle sue bestie e dalla sua campagna Orlando, fino a Bruxelles. A fargli scoprire che il figlio gravemente malato non c’è più e che quell’adolescente di cui non sapeva neanche l’esistenza scriverà invece il suo futuro.

Daniele Vicari racconta che l’idea di partenza del film risale a tanti anni fa. Addirittura ai tempi di Diaz-non pulire questo sangue del 2012. Eppure Orlando ha il sapore di un film di approdo. Quei monti, quella campagna, lo stesso lago del Turano che si intravede, sono davvero i luoghi – in provincia di Rieti – dove Daniele Vicari è nato e cresciuto, alla scuola dello sveglarsi di buon mattino, dei padri emigranti e degli zii contadini, delle poche parole. C’è persino il bar dove Orlando riceve le telefonate che suggerisce quello che nella realtà aveva la mamma del regista, Gabriella, che vediamo persino un secondo in apertura di film.

Di questo mondo originario Orlando è il simbolo. E come tale è dipinto. I risparmi cuciti nella fodera del cappotto, i modi spicci la poca confidenza con gli affetti. Eppure, nonostante la vecchiaia, una volontà di ferro che, al fine di provvedere alla nipote, lo spinge nel girone infernale dei lavori interinali, dei pochi euro degli impieghi a giornata, senza diritti e senza futuro.

Il lavoro che ti toglie tutto. Eli, magnifico personaggio incarnato da Isabella Ragonese in Sole cuore amore ce l’ha già raccontato. A Roma come a Bruxelles lo sfruttamento è lo stesso. È l’Europa. Lontana centinaia di chilometri non solo dalle montagne di Orlando, ma lontana anni luce anche dai bisogni dei suoi stessi cittadini.

Non è il migliore dei mondi possibili lo sa anche Lucy, la nipote. Ma lei che è della “generazione Greta Thunberg” e in quella città è nata e cresciuta sa anche che il futuro è tutto da costruire. E quel nonno appena trovato che vorrebbe trascinarla via – o peggio darla in adozione alla famiglia della sua amica del cuore – lo vuole invece al suo fianco. Che in fondo i due mondi che rappresentano non sono inconciliabili. E il miracolo tra i due accadrà.

Michele Placido spadroneggia in ogni inquadratura, le riprese dal basso, a tratti ossessive, lo incastonano come le montagne delle sue valli. Dialoghi ridotti all’osso e le vie di una città fredda e indifferente, fanno da ingredienti primari a un racconto che, seppure soffre un po’ nel crescendo, sembra far trasparire in lontananza il desiderio di atmosfere alla Dardenne.

Dedicato a Ettore Scola che con Vicari ha condiviso la creazione della scuola di cinema Volontè rivolta ai giovani che il loro futuro vogliono costruire, Orlando è un film che emoziona, sorprende e conforta persino. Davvero un picolo miracolo, non solo a Bruxelles.