Mr Ove, l’operaio esodato che ha conquistato la Svezia. Al cinema

In sala dal 31 ottobre (per Academy Two) “Mr Ove”, delicata commedia di successo, dal successo editoriale dello svedese Fredrik Backman. Un operaio congedato anzitempo dall’azienda, burbero e solitario, ritrova la voglia di vivere, grazie all’arrivo nel quartiere di una famiglia iraniana dalla vitalità prorompente. Da vedere…

È un uomo dei nostri tempi. Un operaio ultracinquantenne. Educato al rispetto delle regole. Insofferente nei confronti di chi non le rispetta. Congedato anzitempo, dall’azienda (la Saab) dove aveva trascorso gran parte della propria esistenza. Come capita qui in Svezia, ma anche nel resto del mondo. Congedato dalla moglie che muore anzitempo. Il suo nome è Ove. È il protagonista di un romanzo (“L’uomo che metteva in ordine il mondo” di Fredrik Backman) e ora anche di un film, Mr Ove candidato svedese all’Oscar e premiato come miglior commedia straniera agli EFA (European Film Awards).

Le pagine  scritte, iniziate su un Blog dell’autore giornalista, sono più leggere, spigliate, rispetto al film. Che  però risulta più avvolgente, più capace di intervallare in continua successione, il passato e il presente. Un’opera piacevole, insomma. Che giustifica il successo nelle sale svedesi (in Italia dal 31 ottobre per Academy Two). La regia è di Hannes Holm. L’interprete principale è Rolf Lassgård (mentre da giovane è Filip Berg). Lassgård ha altresì rivestito, in tv, i panni del commissario Wallander (l’eroe dei libri di Henning Mankell).

Qui però non ci sono delitti all’orizzonte. C’è la vita monotona di un quartierino dove Ove coltiva la sua solitudine e la sua ossessione per l’ordine. Accanto a lui, come un essere ancora vivente, il ricordo della moglie Sonia. Il piccolo cimitero ha così le sembianze di un piccolo salotto dove confidare i propri crucci. Un racconto di amarezze e di  allegrie.

Perché Ove è quello che blocca quelli che vorrebbero effettuare parcheggi abusivi; è quello che controlla le serrature dei cancelli e aiuta nelle case per il buon funzionamento dei caloriferi; è quello che impreca contro le “camicie bianche”, le burocrazie amministrative; quello che raccoglie da terra le cicche delle sigarette. È stato anche presidente dell’associazione dei condomini e cerca di conservare le sue antiche prerogative.

Però vuol raggiungere Sonia. E tenta a più riprese il suicidio. Non ce la fa anche perché nel quartierino e nella sua vita irrompe un elemento nuovo: una famiglia iraniana.  Un elemento di vitalità prorompente. Cosicché Ove, ascolta le parole della vicina, l’iraniana Parvaneh (interpretata da Bahar Pars): “Nessuno può farcela da solo”. Con lui che le insegna a guidare la macchina e la apostrofa: “Hai sopravvissuto alla lotta in Iran… guidare una macchina non dovrebbe essere un problema!”.

Fatto sta che Ove lentamente fa sgretolare le proprie durezze, riacquista il piacere di vivere.  Una lezione per tutti noi, anche se non siamo svedesi. Quella che chiamano “integrazione”, ovvero lo sforzo di coinvolgere gli immigrati nelle nostre esistenze come fossero donne e uomini e non solo “stranieri”, può essere a doppio senso. Anche noi, come Ove, possiamo essere integrati, farci coinvolgere  da altre culture e ritrovare nuove ragioni di vita.