“Oltre la valle” il confine. Storie di attraversamenti, paesaggi e stagioni in un doc
Passato al Torino FilmFest “Oltre la valle” il bell’esordio nel lungometraggio di Virginia Bellizzi. Le montagne tra Claviere, Oulx e Briançon, dove ormai vive una comunità non stanziale ma numerosa di profughi, volontari e valligiani che lavorano per la loro sopravvivenza. La regista ci racconta alcune delle loro storie. Producono Silvia Innocenzi e Giovanni Saulini per Redpost production …
Sulla cima del Mont Chaberton, tra il 1898 e il 1910 il regio esercito costruì una magnifica fortezza, la più alta d’Europa a 3130 metri, per difendere i nostri confini dalle mire espansionistiche francesi, un’opera grandiosa e malinconica, oggi in territorio francese, – tanto per capire quanto fu utile – visitabile solo percorrendo a piedi una vecchia strada militare.
Alla batteria Chaberton Virginia Bellizzi ha girato qualche scena del suo bel film d’esordio, Oltre la valle, appena presentato al Torino film festival, categoria documentari italiani.
Vedere oggi cosa rimane di quell’ambizioso sforzo, le pietre trascinante sulle cime, le torrette rotanti, ci porta indietro al tempo dei nazionalismi, quando filo spinato e guardie armate sorvegliavano la barriera tra la Francia e l’Italia. Oltre la valle è un film sul confine, meglio è un film sull’attraversamento, sull’oltrepassare un limite.
Si vedono medici che fasciano i piedi esausti e feriti di profughi, ma l’immagine che torna in mente è quella in bianco e nero di un bambino che scavalca con un balzo un’inferriata. Per la sua riflessione la regista Virginia Bellizzi ha scelto uno straordinario confine naturale, le montagne tra Claviere, Oulx e Briançon, dove ormai vive una comunità non stanziale ma numerosa di profughi, volontari e valligiani che lavorano per la loro sopravvivenza.
Siamo nelle stesse valli dove è stato ambientato The milky way, nessuno si salva da solo un documentario del 2020 di Luigi D’Alife che parla di confine e di migrazione. Li si seguiva il viaggio di tre ragazzi, mentre Oltre la valle non ha una storia ma tante. Tutte s’intrecciano davanti alla telecamera che Bellizzi ha fatto girare per molti mesi nella valle documentando anche i passaggi di stagione i cambiamenti nel turismo e nella comunità.
Ci sono le storie dei due fratelli bambini che hanno percorso chissà quanti paesi cercando di raggiungere la madre, e ogni volta hanno imparato qualche scheggia di idioma diverso da aggiungere al loro caleidoscopico linguaggio. C’è la storia dei musicisti berberi di cui sentiamo le melodie in tante parti del film, che arrivano sorprendentemente uniti a Parigi, quasi trascinati dalla loro musica, per poi prendere strade diverse. E c’è il guardiano del rifugio, un professore di Reggio Calabria, che non trova lavoro nella sua regione, e in attesa di una cattedra in Piemonte, pulisce i pavimenti, cucina i pasti e rifornisce di vestiti caldi i profughi.
È quest’ultimo l’unico incarico che non gli piace, racconta, perché non è mai sicuro che gli indumenti che consegna basteranno a proteggere chi l’indossa dal freddo ad alta quota. Nelle ultime scene lo vediamo camminare sulle cime sulla stessa rotta di migliaia di profughi. Forse ha voglia di aria sottile, forse vuole rispondere alla domanda che ogni profugo ci fa: “Che cosa vedremmo noi che siamo dalla parte “giusta” se il confine lo guardassimo stando dall’altra parte?
La voce narrante di Valentina Carnelutti ci porta a confrontare gli attraversamenti di oggi con le nostre storie. “Il nostro passato”, si legge nelle note di regia ”ritorna nelle storie di chi attraversa”. Un po’ come succede alla pallina del campo da golf a ridosso del confine. Un tiro maldestro ed ecco che rimbalza fino in Francia, mentre per raggiungere quel traguardo gli esseri umani viaggiano 5 ore sulle montagne ghiacciate e spesso finiscono per essere braccati e respinti. Riusciamo a immaginare questa specie di caccia attraverso un’immagine a raggi infrarossi.
Molti occhi di donna in questo film: oltre alla regia anche la fotografia e il montaggio sono rispettivamente di Giulia Scintu e Francesca Bracci. Producono Silvia Innocenzi e Giovanni Saulini per Redpost production con i contributi di ministero della cultura, film commission Torino Piemonte e regione Piemonte.
Carla Chelo
Giornalista. Ha lavorato all'Unità, al settimanale Diario e in tv (Mediaset). Ha scritto un paio di libri insieme a un'amica, Alice Werblowsky e da sola una guida sul verde in città: "Milano, Parchi e giardini", Touring club italiano.
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