Pressburger rivive alle Giornate degli Autori. E chiude la trilogia di Mauro Caputo

Passato alle Notti veneziane delle Giornate degli Autori, “La legge degli spazi bianchi”, ultimo capitolo della trilogia dall’opera di Giorgio Pressburger, firmata da Mauro Caputo. Ancora una volta l’intellettuale mitteleuropeo – recentemente scomparso – ci invita a riflettere sul nostro destino di uomini fallibili e incompleti. Un’altra emozione forte è stato rivedere Strategia del ragno di Bernardo Bertolucci, liberamente tratto dal racconto di Jorge Luis Borges, “Tema del traditore e dell’eroe” …

Giorgio Pressburger è uno degli intellettuali, nel senso vero del termine, più originali che abbiano operato in Italia negli ultimi anni. Nato a Budapest, naturalizzato italiano, morto a Trieste poco meno di due anni fa.

Narratore e autore di testi teatrali, per anni direttore dell’Istituto italiano di cultura di Budapest, docente di storia del teatro, regista cinematografico teatrale e radiofonico. Gli hanno reso omaggio le Notti Veneziane delle Giornate degli Autori, da anni la sezione più libera della Mostra, con la proiezione del film di Mauro Caputo, La legge degli spazi bianchi, tratto da un racconto di Pressburger pubblicato da Marietti nel 1989.

Il film chiude una trilogia di film nati dalla strettissima collaborazione tra Caputo e Pressburger. Quest’ultimo non può non emozionare, perché attraverso la voce narrante di Omero Antonutti e la fisicità inconfondibile e troppo trascurata dal nostro cinema di Fulvio Falzarano, riesce ad illuderci di vivere ancora per un’ora, un’ora soltanto, accanto a Pressburger, che ancora una volta ci invita a riflettere sul nostro destino di uomini fallibili e incompleti.

“Tutto è scritto negli spazi bianchi, tra una lettera e l’altra. Il resto non conta.
Una fredda mattina d’inverno, il dottor Fleischmann si trova ad affrontare l’inizio di una progressiva perdita di memoria. Inizia così l’apologo, in un’atmosfera onirica dove realtà e finzione sembrano intrecciarsi e a tratti confondersi. Il protagonista, un uomo di scienza, si ritrova immerso suo malgrado in un universo, quello della malattia, dominato da misteriosi rapporti tra il destino e le vicende biologiche e fisiologiche che regolano la vita.”

La visione è talmente emozionante, soprattutto per chi ha avuto la fortuna di conoscere Pressburger, da far passare in secondo piano alcune inevitabili lentezze del film, che sceglie rigorosamente e coraggiosamente la strada del non compromesso col pubblico. Un film per pochi ma attenti spettatori.

Grazie a Giorgio Gosetti, a Maurizio Di Rienzo e agli altri delle Giornate per avercelo fatto vedere.

La Mostra, direi finora più che soddisfacente, mi ha regalato un’altra emozione forte. Ho rivisto proiettato sul grande schermo, grazie al restauro curato dalla Cineteca di Bologna, Strategia del ragno di Bernardo Bertolucci, liberamente tratto dal racconto di Jorge Luis Borges, Tema del traditore e dell’eroe, realizzato nel 1970 da quella che allora si chiamava RAI – Radiotelevisione italiana.

Fu il primo film che vidi in sala di proiezione da allievo al Centro Sperimentale di Cinematografia, grazie a Roberto Perpignani, che è il montatore del film e che già allora era l’insegnante di montaggio al Centro.

Un film semplicemente strepitoso a rivederlo oggi. Una riflessione profonda sulla storia italiana, sul concetto di tradimento e di ridimensionamento dell’ eroicità, sui labili confini della giustizia, sull’errore, sulla grazia, sull’amore e sulla solitudine. Con il coraggio e la libertà espressiva che forse manca un po’ al cinema contemporaneo.
E Alida Valli e Giulio Brogi erano bellissimi.