Quei padri stesi dai figli sdraiati. Francesca Archibugi entra nel cuore di Michele Serra

In sala dal 23 novembre (per Lucky Red), “Gli sdraiati”, adattamento a firma di Francesca Archibugi del mini-romanzo di Michele Serra (Feltrinelli). Claudio Bisio nei panni del padre, già rodati a teatro (“Father and Son”) e in quelli dell’ombroso figlio adolescente, Gaddo Bacchini. A cogliere il cuore del racconto ci sono riusciti pienamente e ti fanno ridere e piangere…

L’unica cosa che non convince troppo né Francesco Piccolo che di questo film ha scritto la sceneggiatura e tanto meno Francesca Archibugi che, oltre a questo, ha anche fatto la regia, è proprio il titolo: Gli sdraiati che non ritengono adeguato nemmeno per il libro di Michele Serra da cui, liberamente, han tratto il film.

Il punto è che, a loro avviso, dà un taglio troppo sociologico ad una storia che invece, pur se scritta col disperato, esilarante umorismo dell’autore, è invece molto intima.
Comunque il titolo, in omaggio a Michele, l’ hanno tenuto.

E a me non sembra niente male, perché il plurale del termine, è vero che per chi ha avuto in questi anni in casa un figlio adolescente – con tutti gli “app” fulminanti da Serra scodellati (asciugamani puzzolenti appallottolati, grugniti invece di risposte, “scafi di gomma imbottita che ingoiano i piedi tutto l’anno” con evidenti effetti poco profumati, notti e giorni scambiati, divani, camere e cucine dopo l’uso, inagibili, smart, pc e tv in perenne, contemporaneo uso) – è più che comprensibile, ma è anche vero che, tra i due protagonisti, il più sdraiato, nel senso metaforico di steso, e non per relax sul divano, ma per un round psico-affettivo davvero troppo faticoso è proprio lui: il padre che non si dà e non dà pace.

Di fatto il mini romanzo (edito da Feltrinelli) è una tragicomica lettera che un babbo, separato dalla moglie da un po’ di anni, scrive esasperato al figlio adolescente con cui convive, con schizofrenica fatica, nel ruolo di bab-mammo.

Un mix di senso di un dovere educativo senza i dismessi strumenti autoritari e di intuitiva ansia materna. Spesso sopra le righe. Insomma un disastro. Incapace di stabilirle nessi, cerca un contatto, un dialogo con quel figlio trasformato in alieno all’improvviso, come da sempre, quasi sempre succede in quell’età di passaggio in cui tutto si trasforma. E, quando questo non succede, forse è ancor più preoccupante perché il disagio non sfogato nell’adolescenza arriva poi anni dopo, come un petardo a scoppio ritardato. E a volte fa danni peggiori.

Alla rodata coppia Archibugi-Piccolo (rodati anche da esperienza vissuta: pur se non separati, entrambi tengono famiglia e figli ex adolescenti) è soprattutto piaciuta la solitudine che chiude in bozzi separati padre e figlio.
Credo per timidezza di entrambi, riservatezza genetica, sensi di colpa e inadeguatezza, corroborata dal fatto che i tempi, in questi ultimi anni, sono parecchio cambiati.

E, per lasciarli meno soli, nel film, hanno allargato l’intreccio e si sono inventati altri personaggi: un nonno taxista delizioso (Cochi Ponzoni), un’ex domestica-amante del babbo in crisi (ottima Antonia Truppo), l’ex moglie sfuggente (Sandra Ceccarelli), i molti amici adolescenti dell’ombroso figlio (Gaddo Bacchini), la sua ragazza altrettanto ombrosa (Ilaria Brusadelli) e addirittura un neo Presidente del Consiglio donna (Donatella Finocchiaro), intervistata dal padre in crisi, ma non professionale (è una star della Rai), interpretato dal perfetto Claudio Bisio che dai testi di Serra ha spesso attinto e questo ruolo, e con successo, l’ha interpretato anche in teatro con Father and Son.

Hanno risolto anche bene l’accenno al fulminante progetto tolstojano di Serra ne Gli sdraiati su un romanzo corposo: La Grande Guerra Finale che si combatterà tra Vecchi e Giovani e che nel libro è raccontata con un tocco che sembra il frutto di un innesto tra Marco Ferreri e Paolo Villaggio. Qui ha un aspetto diverso, più fantasy, ma non era facile, come del resto non era per niente facile trarre un film da questo libro quasi esente da trama.

Infatti, dopo aver letto la prima sceneggiatura pare che Michele Serra abbia detto: “Si, ma io che c’entro?” Poi però, una volta finito il film, con eleganza esistenziale dicono abbia detto così: ”Mi fate prendere dei meriti che non ho”.
In ogni modo a cogliere il cuore del racconto ci sono riusciti pienamente. Sociologici o no, questi Sdraiati ti commuovono: ti fanno ridere e piangere.

Il film esce nelle sale il 23 novembre distribuito dalla Lucky Red.