Quel cinema non deve morire. La resistenza dell’Azzurro Scipioni di Silvano Agosti

A rischio chiusura – complice la pandemia e l’assenza di fondi strutturali – lo storico cinema di Silvano Agosti, l’ Azzurro Scipioni, nel cuore del quartiere Prati di Roma. Non una sala qualsiasi ma un luogo unico al mondo dove gli “ospiti quotidiani” sono Buster Keaton, Bergman, Pasolini, Ejzenstejn, Vertov, Truffaut, i capolavori della storia del cinema introvabili nelle abituali programmazioni. Rifondazione comunista chiede l’intervento delle istituzioni per il salvataggio. Mentre l’Anac chiede un piano immediato per la riapertura delle sale …

Sulle porte dello storico cinema Azzurro Scipioni, ora a riscio chiusura, tra le numerose scritte lasciate a testimonianza da chi vi ha passato una serata, c’è una dedica scherzosa di Alberto Moravia al suo fondatore: “A Silvano Agosti dal nome estivo e faunesco”. Quelle porte, che custodiscono un piccolo “gioiello poetico” nel quartiere romano di Prati, rischiano ora di rimanere chiuse per sempre.

Il cinema di Silvano Agosti apre nell’83, dopo che l’eclettico regista produce Il pianeta azzurro di Franco Piavoli: nonostante la pellicola sia acclamata a Venezia, come molti film d’Arte e d’Autore non riesce ad accedere a nessuna delle sale del circuito nazionale. Alla necessità di trovare uno spazio per quel film che “tutti gli italiani dovrebbero vedere per legge” – secondo una celebre affermazione del critico cinematografico Tullio Kezich – si aggiunge una motivazione meno ufficiale: Charlie Chaplin compare in sogno ad Agosti per invitarlo a non lasciare chiuso il piccolo cinema vicino a casa sua, di proprietà ecclesiastica.

L’Azzurro Scipioni – che prende quindi il nome dal film di Piavoli e dalla via in cui è collocato – è da quarant’anni un vero e proprio “Louvre” della settima arte: nelle due sale, intitolate, doverosamente, proprio a Chaplin e ai Lumière, è infatti possibile assistere alla proiezione dei capolavori della storia del cinema (Buster Keaton, Bergman, Pasolini, Ejzenstejn, Vertov, Truffaut) altrimenti invisibili sul grande schermo.

La logica che anima questo spazio è la stessa di una libreria: come le grandi opere letterarie continuano ad essere disponibili, ristampate, a distanza di molti anni, così lo stesso vale per quelle cinematografiche. Non a caso, Agosti, oltre ad essere regista di film visionari e onirici come N. P. – Il segreto (1971), è anche autore di numerosi libri, tra cui Lettere dalla Kirghisia, due anni dopo (Rizzoli, 2007), e fondatore di una propria casa editrice, l’Immagine.

L’universo creato dal regista bresciano, fatto di poltrone imbottite (ora in “svendita” online), velluti blu e rossi, quadri e fotografie d’artista, ospita anche rassegne, seminari di cinema e incontri di poesia. Il tutto a prezzi “politici” – o addirittura in forma gratuita per i netturbini –, perché il cinema possa farsi sociale e arrivare veramente a tutti.

L’impegno politico profuso nel quartiere di Prati è lo stesso che si rintraccia nella sua produzione cinematografica, del resto. Silvano Agosti da sempre è stato protagonista e attento narratore dei cambiamenti e delle utopie, dal ’68 ai giorni nostri. Pietre miliari del cinema sono i suoi documentari sulla strage di Piazza della Loggia (Brescia 74 – La strage degli innocenti, 1974), a sostegno della legge Basaglia (Matti da slegare, diretto insieme a Bellocchio, Petraglia e Rulli nel 1975), della libertà sessuale e contro ogni oppressione istituzionale (D’amore si vive, 1984), degli anni delle grandi battaglie caduti nell’oblio (’68-’78) confluiti recentemente in una preziosa videoantologia, Ora e sempre riprendiamoci la vita, presentata al Festival di Locarno.

L’azione di resistenza portata avanti per decenni dall’Azzurro Scipioni deve negli ultimi tempi far fronte al drammatico contesto che sta riducendo le sale cinematografiche in ginocchio. A causa della chiusura imposta dalla prima ondata pandemica, il cinema di Agosti aveva già lanciato negli scorsi mesi una raccolta fondi sulla piattaforma “Produzioni dal basso”, ottenendo largo seguito.

Ma proprio in questi giorni il regista torna a farsi sentire, annunciando di mettere all’asta sedie, proiettore e schermo. Una provocazione che ha messo in allarme i molti sostenitori, e che ha avuto lo sperato effetto di essere interpretata come un appello: le reazioni non si sono fatte attendere, a partire da una petizione su Change.org, fino a una dichiarazione di supporto del vicesindaco di Roma, Luca Bergamo.

L’unica possibilità che il fondatore intravede per salvare il suo cinema, è che gli spazi vengano acquistati dallo Stato o dal Comune, per poi essere attribuiti all’Azzurro Scipioni, “non come un supermercato, ma per renderlo un luogo da riconsegnare agli esseri umani”.

La proposta di Silvano Agosti è sostenuta e rimarcata con forza anche da Rifondazione Comunista, per voce della responsabile cultura, Stefania Brai, che denuncia gli investimenti milionari del governo “in piattaforme “italiane” che altro non faranno se non provocare la chiusura di altre sale cinematografiche e teatrali, di sale per concerti.. “, mentre “le persone possono circolare per andare a lavorare in luoghi che continuano ad essere focolai di contagio, possono uscire per andare nei centri commerciali”, non possono invece “andare in un museo, in una biblioteca, in un teatro, a un concerto. In tutti i luoghi cioè di crescita individuale e collettiva e di relazioni sociali”.

Contro i grandi interessi e le logiche di mercato che hanno trionfato nella gestione della pandemia, Rifondazione chiede dunque l’approvazione immediata di “una legge che vieti il cambio di destinazione d’uso di tutti i luoghi di produzione, diffusione e fruizione della cultura”. Per evitare il ripetersi di incresciosi episodi come lo sgombero del Cinema Palazzo, e per proteggere le attività di spazi preziosi che sono “patrimonio” e fucina creativa dell’intera città.