La scomparsa di Jonas Mekas. La rivoluzione del cinema in un diario

È morto a 96 anni Jonas Mekas, padre dell’ underground newyorchese. Teorico e fondatore nel 1960 del cosidetto “New American Cinema Group” è stato scrittore, poeta, cineasta ed attivista. Lituano di nascita e naturalizzato americano, ha compiuto la sua rivoluzione artistica raccontando il mondo in prima persona, attraverso i suoi film-diario di cui fino all’ultimo ha popolato il web…

«Non vogliamo film mistificatori, ben fatti, persuasivi, ma grezzi e mal fatti, purché vitali. Siamo contro il cinema roseo, siamo per il cinema rosso sangue… Oggi la nostra ribellione contro il vecchio, l’ufficiale, il corrotto è innanzitutto di carattere etico… Siamo interessati all’uomo. Siamo interessati a quel che succede nell’uomo».

Se n’è andato il 23 gennaio a 96 anni Jonas Mekas, uno dei padri dell’ underground newyorchese. Meglio, il teorico e fondatore nel 1960 del cosidetto “New American Cinema Group” che avrebbe rivoluzionato la scena cinematografica americana e non solo. Suo il manifesto programmatico sotto il quale nel tempo si sono radunati artisti e poeti, Andy Warhol, Nico, Allen Ginsberg con i quali ha collaborato e sperimentato nuove frontiere tra cinema, critica e poesia.

Nato in Lituania a Semeniskiai, il 23 dicembre 1922, Jonas Mekas – dopo aver patito giovanissimo gli orrori della guerra e i campi di prigionia nazisti – arriva a New York insieme al fratello Adolfas, sul finire del ’49. Da subito, grazie ad un prestito, acquista la sua Bolex 16 millimitri cominciando a filmare il suo presente e il quotidiano che lo circonda. Non avrebbe più smesso. Quella infatti sarebbe diventata la cifra stilistica del suo cinema, i diari. La scelta cioè, anche dietro alla macchina da presa, di parlare, di guardare e agire in prima persona. Arrivando nel ’69 al suo primo film: Walden – Diaries, Notes and Sketches un montaggio del suo archivio tra il 1965 e il 1968.

Jonas Mekas, insomma, continua a “scrivere” il suo diario anche con la macchina da presa. Quel diario che ha cominciato a tenere fin dal ’44, gli anni duri della prigionia e quelli da sfollato. Diario-testominianza di un epoca, di un “Ulisse / Che non ha mai voluto lasciare la sua casa / Che era felice / E viveva tra le persone che conosceva / E parlava la loro lingua / Canta di come è stato gettato nel mondo”. Il suo diario, insomma, pubblicato molto dopo, nel ’91 (I had Nowhere to Go) e diventato anche un documentario per la regia di Douglas Gordon.

Tanti saranno i titoli a seguire (The Brig, Lost lost lost, Reminiscences of a Journey in Lithuania), di cui su youtube molto potete trovare perché fino all’ultimo questo ragazzo ribelle non ha smesso di guardare il mondo e di raccontarlo. Anche attraverso il web.