Quel film che trasformò Hitchcock in maestro del brivido. “Psycho” torna in sala restaurato
In sala il 10, 11 e 12 ottobre “Psycho”, Il capolavoro di Alfred Hitchcock del 1960, dal romanzo di Robert Bloch. Restaurato in 4K dalla Cineteca di Bologna resta uno degli adattamenti che più ha segnato il cinema e l’immaginario collettivo. Nonché il più grande successo di pubblico della carriera di Hitchcock, che gli regalò l’etichetta di “maestro del brivido”. Tante le leggende nate intorno al film leggendario. Come quella che vuole il regista pronto ad acquistare tutte le copie del libro in commercio per mantenere il più possibile segreta la trama…
Avevamo scritto tempo fa, parlando di un altro film (Bambi), che la scena della doccia di Psycho è ormai conficcata con tenacia nella mente di chi ama il cinema e con ogni probabilità non si schioderà mai dal suo ruolo di paradigma del terrore di celluloide.
Chi ha avuto l’opportunità o la voglia di seguire uno o più corsi di cinema nelle università, italiane come internazionali, si sarà presto reso conto di quanto quel film del 1960 sia rimasto come punto di riferimento, per così dire aere perennius. Non c’è corso, manuale, insegnante che non ricorra a una qualche sequenza (non necessariamente quella della doccia) per spiegare un principio, un’idea, anche solo una supposizione. A volte verrebbe da dire che il cinema si studia come scusa credibile per vedere più volte Psycho.
Il capolavoro di Hitchcock tornerà in sala a partire dal 10 ottobre e fino al 12. Restaurato (dalla Cineteca di Bologna, incaricata anche della distribuzione) in 4K, che per i meno avvezzi alle evoluzioni della tecnologia cinematografica significa una tra le risoluzioni migliori di quelle fin qui sperimentate sul grande schermo. Tradotto in termini ancora più chiari: l’immagine del film ha ora una nitidezza e una definizione che non aveva neppure nel 1960, appena uscito. Un motivo in più per lasciarsi terrorizzare in sala, sullo schermo enorme e nel buio del cinema.
Quando Psycho uscì Hitchcock navigava già in ottime acque, lavorava ormai da tempo negli Stati Uniti e aveva girato alcuni tra i suoi titoli più famosi e di successo. Più controverso era il rapporto con la critica, tanto che qualche tempo dopo François Truffaut si rivolse stupito ai giornalisti cinematografici statunitensi, chiedendo perché fossero così duri con l’autore inglese – sarà il seme che spingerà il grande regista francese a fare lunghe e dettagliate sessioni di interviste, uscite poi con il titolo Il cinema secondo Hitchcock, un testo capitale della cinefilia (in Italia edito dal Saggiatore). Diventato anche un doc: Hitchcock/Truffaut, di Kent Jones (2016) che ricostruisce forma e sostanza di quell’incontro.
Psycho rimase il più grande successo di pubblico della carriera di Hitchcock e ovviamente ne cambiò in maniera definitiva la percezione da parte del pubblico, che gli regalò l’etichetta di “maestro del brivido”. Non fu un successo inaspettato, il regista aveva intuito le potenzialità della storia e lavorò sin da subito alla creazione di un alone di mistero e curiosità attorno al film e alla sua trama.
Leggenda vuole che neppure gli attori, prima che venissero girate le sequenze di riferimento, sapessero quale fosse il finale della storia. Mentre all’entrata delle sale Hitchcock fece trovare un suo personale messaggio per il pubblico: “Il direttore di questo teatro è stato istruito, a rischio della sua vita, a non ammettere persone in teatro dopo l’inizio del film. Qualsiasi tentativo di entrare da porte laterali, scale di sicurezza o pozzetti di ventilazione verrà fermato con la forza”.
Le ragioni del successo si dividono tra prevedibili e imponderabili, come per tutti i capolavori. Il radicamento nella cultura di massa statunitense giocò senza dubbio a suo favore, il leggendario Bates Motel fu modellato su un quadro di Hooper, mentre il romanzo omonimo di Robert Bloch (in Italia edito da Bompiani) prendeva le mosse dalla storia di uno dei serial killer più noti d’oltreoceano, Ed Gein, le cui vicende hanno trovato grande fortuna al cinema; un’altra leggenda narra che Hitchcock fece acquistare tutte le copie del libro in commercio per mantenere il più possibile segreta la trama.
La mitologia e la riverenza che ancora oggi Psycho detiene (a merito) tra cinemaniaci e addetti ai lavori la si può vedere di continuo, d’altronde altrimenti non ritornerebbe in sala a più di sessant’anni di distanza dall’uscita. Paradigmatico è anche il fatto che solo sulla scena della doccia è stato girato un documentario intero, intitolato 78/52, perché le inquadrature furono 78, montate in 52 tagli, per un totale di appena 3 minuti. Tanto basta per entrare nel pantheon del grande schermo, se quei 3 minuti sai usarli come si deve.
La letteratura sul film è poi ovviamente sterminata, si passa da titoli accademici a romanzi di dichiarata ispirazione. Andare in libreria a curiosare e uscire con il libro che più ci ha incuriosito di più può essere un’ottima scusa per prepararsi al ritorno in sala e magari vedere il film con altri occhi. Ma il ritorno nei cinema può essere anche l’opportunità più unica che rara di colmare una lacuna nella propria carriera di spettatore: andare a vedere finalmente e in versione restaurata quel film che si è sempre fatto finta d’aver visto. O, infine, ritrovarlo, il film, dopo averlo sommerso nella propria memoria coi ricordi di altri film e magari averlo perso nei discorsi orecchiati qui e là.
Quale che sia la motivazione, tornare a vedere Psycho è sempre una buona idea. Da quel che ci risulta, questa volta non ci sarà nessun avvertimento del regista: anche i ritardatari avventurosi potranno spingersi in sala, nel modo che preferiscono.
Tobia Cimini
Perditempo professionista. Spende il novanta percento del suo tempo leggendo, vedendo un film o ascoltando Bruce Springsteen. Nel restante dieci, dorme.
3 Aprile 2016
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